Il caso riguarda un ex tecnico specializzato dell’Acciai Speciali Cogne, un uomo di 63 anni ora in pensione residente ad Aosta che si è rivolto allo studio legale torinese Ambrosio e Commodo dopo che l’Inail aveva rigettato la sua istanza di indennizzo.
I legali Stefano Bertone, Chiara Gribaudo e Jacopo Giunta, hanno sostenuto il nesso di causalità tra l’uso del cellulare prolungato per motivi lavorativi e la malattia riscontrata e hanno ottenuto un doppio verdetto positivo, prima del tribunale di Aosta (ma l’Inail aveva fatto ricorso in appello chiedendo una nuova consulenza) e ora della Corte d’Appello, che aveva nominato come consulente il professor Roberto Albera, ordinario di Otorinolaringoiatra dell’Università di Torino.
Stando alle analisi compiute, il 63enne aveva utilizzato il cellulare sempre dall’orecchio sinistro, perché il destro era già stato lesionato a causa di un trauma pregresso, con un calcolo complessivo tra le 10 e le 13mila ore, dal 1995 al 2008. Operato per il tumore ha riportato la totale sordità da quell’orecchio e anche un danno al nervo facciale con conseguente paresi da quel lato del viso oltre ad uno stato di depressione.
L’elevata probabilità di correlazione tra tumore e cellulare in questo caso è stata accertata sulla base dell’assenza di altre possibili cause e l’esposizione prolungata a radiofrequenze si è così rivelata l’unico fattore di rischio per l’ex lavoratore dell’acciaieria.
“Si tratta di una sentenza importante scritta da scienziati fra scienziati – è stato il commento dei difensori dell’uomo – in cui il ruolo dei giuristi è stato marginale, e che dimostra che le radiofrequenze possono causare un tumore”.
Fonte FanPage.it
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