Condividiamo eventi positivi come la nascita di un figlio, una vacanza o un buon piatto di pasta, così come quelli negativi. Il fatto che non esista più uno spazio intimo delle emozioni, ma che queste vengano lanciate e spettacolarizzate – soprattutto quando parliamo di eventi negativi – ovviamente può avere delle conseguenze molto pericolose, venendo a mancare l’elaborazione e la sfera privata di emozioni o in questo caso di lutti, soprattutto per l’amplificazione e il gran numero di persone raggiunte.
I social non vanno né ignorati perché farlo significherebbe essere fuori dal mondo, né demonizzati. Quello che sempre di più va promosso è uno sviluppo della cultura dell’uso dei social, soprattutto nelle scuole e tra gli adolescenti e non solo. Siamo sempre più iperconnessi, eppure la solitudine dilaga. Questo perché finiamo con l’interpretare le amicizie e conoscenze virtuali come reali, magari poi non riusciamo a guardare negli occhi le persone. Così come quando la morte spettacolarizzata e vissuta tramite uno smartphone o whatsApp diventa estranea. Un male purtroppo che rientra nel cattivo uso dei social e che prova ancora di più la necessità di farvi fronte per evitare derive pericolose.
Perché non lo dite chiaro e tondo che fanno schifo loro e quei maledetti selfie di morte.