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Il pericoloso uso dei social: quando il suicidio si trasmette sul Web

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Si condivide tutto sui social, senza più differenze e senza rendersi conto delle conseguenze. Pochi minuti dopo la doppia tragedia che aveva investito una famiglia salernitana con il suicidio del marito della donna in tanti, senza rendersi conto delle conseguenze, hanno realizzato video del corpo senza vita di Rodolfo sul cavalcavia dell’autostrada. L’indignazione ha lasciato il posto alla voglia a tutti i costi di riprendere con il cellulare la scena e condividerla senza rendersi conto che dietro una morte, dietro una tragedia non ci sono solo like e condivisioni ma figli, famiglie, persone, storie.

Condividiamo eventi positivi come la nascita di un figlio, una vacanza o un buon piatto di pasta, così come quelli negativi. Il fatto che non esista più uno spazio intimo delle emozioni, ma che queste vengano lanciate e spettacolarizzate – soprattutto quando parliamo di eventi negativi – ovviamente può avere delle conseguenze molto pericolose, venendo a mancare l’elaborazione e la sfera privata di emozioni o in questo caso di lutti, soprattutto per l’amplificazione e il gran numero di persone raggiunte.

I social non vanno né ignorati perché farlo significherebbe essere fuori dal mondo, né demonizzati. Quello che sempre di più va promosso è uno sviluppo della cultura dell’uso dei social, soprattutto nelle scuole e tra gli adolescenti e non solo. Siamo sempre più iperconnessi, eppure la solitudine dilaga. Questo perché finiamo con l’interpretare le amicizie e conoscenze virtuali come reali, magari poi non riusciamo a guardare negli occhi le persone. Così come quando la morte spettacolarizzata e vissuta tramite uno smartphone o whatsApp diventa estranea. Un male purtroppo che rientra nel cattivo uso dei social e che prova ancora di più la necessità di farvi fronte per evitare derive pericolose.

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