A quanto pare, la riflessione non basta più. E’ necessario – da parte di chi ancora si sente parte sana della società civile – un atto di genuflessione. Per implorare, in ginocchio, quelli che pensano di poter vivere allo stato brado a cercare di individuare i guasti che evidentemente ci sono. Se è vero, com’è vero – ricordiamo che sono indiscrezioni fornite dagli inquirenti, non dal primo che passa davanti al bar – che tra i responsabili della maxi-rissa di Torrione sono stati individuati ragazzi appartenenti a famiglie di un certo ceto sociale e culturale, se è vero che anche il bulletto che ha mandato all’ospedale un 14enne per futili motivi giorni fa, dopo averlo aggredito in Piazza della Libertà, appartiene ad una famiglia rispettabile e stimata, allora siamo in presenza di un’emergenza che non può essere né sottaciuta né sottovalutata, perché c’è una differenza, nemmeno sottile, tra un ragazzo che, non avendo un bagaglio di affetto, attenzioni, valori ereditati perché appartenente a una famiglia disagiata accumula rabbia e diventa violento e un ragazzo di buona famiglia, che dovrebbe conoscere quelle che sono le elementari regole della civile convivenza. E’ il concetto di famiglia che viene a cadere. Il fallimento è dei genitori.