Durante l’incontro, Fluida si racconterà, racconterà il lungo processo creativo che l’ha portata all’elaborazione delle sue realizzazioni, che solo con una lettura superficiale possono essere intese come un semplice caleidoscopio di colori ottenuto mediante la rielaborazione in post produzione digitale dei suoi scatti fotografici. In realtà c’è molto di più: c’è in primis un’indagine intimista ed animista, una ricerca di sé che, spogliandosi dal suo essere parte di una società moderna, si unisce simbolicamente con le rappresentazioni totemiche della femminilità, intesa come elemento ancestrale della dea madre.
Questa divinità, come il mare, genera la vita: da qui il legame viscerale con questo elemento da cui, sì, la vita ha avuto inizio ma in cui, a causa delle pratiche scellerate di pesca selvaggia e dell’inquinamento, la vita rischia di essere soppressa. Da elemento generatore diviene tomba, un tetro e grigio sepolcro che ingoia i suoi figli, come il Saturno di Goya che divora i propri. Parafrasando il Vangelo, il mare ci dà la vita ma poi se la riprende a causa dei nostri comportamenti. Nasce così la serie Le orme sull’acqua, in cui l’artista immortala gli intrecci generati dalle coloratissime reti dei pescatori, le cime, i galleggianti, che poi scompone e ricompone digitalmente, a formare idoli, demoni, o il ventre materno che dona la vita, immagini che ci riportano ad un mondo fatto di magia e di credenze antiche.
Le figurazioni presentate possono ricondurre, in qualche modo, alla Gestalt: si disfano e si riorganizzano come un tutt’uno che non è la semplice somma delle sue parti ma un’esperienza percettiva che ognuno crea osservando le raffigurazioni generate dai dettagli catturati dall’obiettivo fotografico. Gilda vive da sempre un rapporto simbiotico con gli abissi, come simbiotico è il rapporto che ha sviluppato, nel tempo, con le tradizioni popolari del Meridione d’Italia. Dopo il successo ottenuto con la serie Le orme sull’acqua, che ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, l’ultima sua creazione, Le orme sull’acqua – I quadrilli, esplora le tradizioni procidane la cui religiosità è sussurrata a fior di labbra, quasi nascosta, raccontata e tramandata solo tra gli “eletti”, gli abitanti dell’isola, misconosciuta di fronte agli “stranieri”, rinnegata, in un complesso intreccio tra sacro e profano, tra superstizione e fede di un popolo non dimentico del suo stretto legame col mare, dal quale per secoli è dipesa la propria sopravvivenza.
Di tutto questo e di altro ancora racconterà l’artista ai giovani studenti, incuriositi dalle sue forme e dai suoi colori, dall’attività di elaborazione di un racconto o di una critica feroce attraverso le immagini che, osservate con spirito analitico, aprono la coscienza a nuovi mondi e nuove narrazioni.
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