Vladimir Putin, tramite il suo portavoce, fa sapere che è pronto a incontrare Joe Biden: dopo che questi avrà riconosciuto la sovranità russa sui territori conquistati. Biden aggiunge che, comunque, l’esito dei negoziati andrà deciso con Volodymyr Zelenskyj. Il Presidente ucraino non è neppure menzionato da Putin, lo considera poco più di un esecutore del volere americano.
Dice la sua Sergej Lavrov in una torrenziale conferenza stampa. La NATO è parte in causa, fornisce armi e addestramento ai militari ucraini nella loro aggressione alla Russia. L’Italia non si distingue dal mucchio, da Roma la sola voce ragionevole è del Pontefice, anche lui però ha osato qualificare la Russia da aggressore. Per Lavrov è “una definizione non cristiana”.
Il cristianesimo in chiave ortodossa, della Chiesa di Mosca e non di Kiev, sta dalla parte della Russia. E d’altronde tale è la posizione del Patriarca sin dallo scoppio delle ostilità. Francesco e Kirill non sono infatti riusciti a fissare un incontro. I Russi sembrano credere alla sola mediazione della Turchia. Ankara controlla il traffico nel Mar Nero, ha posizioni sufficientemente ambigue da piacere e dispiacere ad ambedue le parti.
Il guazzabuglio non rivela le intenzioni profonde. Le parti risponderanno positivamente all’appello che il Papa lancerà per Natale? Almeno la de-escalation se non la tregua?
Il campo recita un diverso copione. I Russi bombardano le infrastrutture ucraine per lasciare al buio e al freddo strati crescenti di popolazione. Lo scopo è di fiaccare la resistenza dei civili affinché premano sul Governo per una soluzione negoziata da posizione di debolezza. Favoriscono inoltre il deflusso dei profughi verso la vicina Unione per mettere alla prova la sua solidarietà all’Ucraina.
E’ difficile prevedere l’evoluzione dei fatti. Alcune provvisorie valutazioni si possono trarre. Gli Stati Uniti stanno traendo vantaggio economico dalla crisi. Si impennano le vendite di armi, paesi neutrali come Finlandia e Svezia si avvicinano alla NATO, vendono il loro gas a prezzo raddoppiato rispetto al russo, il sistema europeo ne risente, specie la Germania che ha dovuto rinunciare persino al North Stream 2, il fiore all’occhiello della Ostpolitik di Angela Merkel. Washington può dedicarsi al confronto con la Cina, il solo riconosciuto rivale strategico, mentre la Russia è impantanata in un conflitto lungo e dall’esito incerto.
Angela Merkel parla dopo il lungo silenzio, con due interviste a periodici tedeschi. La ex Cancelliera, dopo il messaggio di solidarietà alla popolazione di Ischia per il nubifragio, dichiara che la sua ultima visita a Putin, i due si conoscono bene, fu un sostanziale insuccesso.
Putin conosce solo la logica del potere, la Cancelliera stava per lasciare l’incarico, qualsiasi sua asserzione non avrebbe impegnato il successore. Merkel difende il progetto North Stream 2. Al di là dei vantaggi per la Germania, il gasdotto era il modo per integrare i Russi in una logica paneuropea, all’insegna della comune convenienza.
E’ ipotizzabile che i Russi attendano il 2024, anno delle presidenziali in America e Russia, quando i due attuali contendenti potrebbero lasciare i loro posti. Se l’ipotesi è fondata, ci attende oltre un anno di guerra in parte calda e in parte fredda. Di sicuro dovremo aggiornare la statistica delle vittime.
Le macerie umanitarie per la popolazione ucraina, lo sbandamento politico d’Europa. L’Unione pare frastornata fra la voglia e l’incapacità di contare. Per dirla in maniera grossolana, è un asino in mezzo ai suoni.
di Cosimo Risi