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Le migliori parate di Ochoa, il supereroe della Salernitana (video)

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Una trattativa lampo. In meno di 36 ore, è stato trovato l’accordo che, dal prossimo 1° gennaio, porterà Guillermo Ochoa, estremo difensore messicano del Club America, a vestire la maglia della Salernitana. Il portiere è atteso già in questa settimana per completare l’iter burocratico e le visite mediche di turno, in modo da essere a disposizione della formazione campana già dal prossimo impegno di campionato, datato 4 gennaio contro il Milan. Un portiere di grande esperienza internazionale – il classe 1985 – che ha già vissuto l’emozione di calcare numerosi palcoscenici importanti – primo su tutti, quello dei Mondiali con ben 5 edizioni disputate, come Messi, Ronaldo, Buffon ed il gran capitan Rafa Marquez -. Non sarà, inoltre, la prima esperienza in campo europeo, avendo già difeso i pali di Ajaccio, Malaga, Granada e Standard Liegi, prima di tornare in patria nel Club America, squadra che aveva contribuito a lanciarlo nel grande calcio. Ma Ochoa si farà trovare pronto, come in tutto il corso della sua carriera. Una carriera, una storia, quella di Guillermo, piena di sfumature, di simbologie, di credenze, di numeri. Di occasioni mancate ed opportunità solo sfiorate.

IL TRENO PASSA UNA VOLTA SOLA – Stagione 2011. Ochoa è ormai sempre più l’indiscusso portiere titolare del Club America. Le prestazioni di livello del portiere messicano sono sotto gli occhi di tutti. L’Europa è lì che lo aspetta. Milan, Manchester United, Paris Saint Germain sono le squadre più interessate. Nel mentre, Memo si prepara a disputare la Gold Cup. Ma è lì che, a differenza dei Mondiali, il destino fa un cattivo scherzo a Guillermo: controllo antidoping. Positivo. Sospensione istantanea. “In quelle settimane – dichiarerà – stavo per firmare per il PSG, avevamo già concordato le cifre del contratto. Ma la storia del doping ha rovinato tutto”. Ochoa si ribella, grida allo scandalo. Dopo qualche mese, si viene a scoprire che le tracce dello stimolante provengono da un’intossicazione alimentare, dovuta ad un pranzo di squadra. La squalifica viene revocata ma il treno per Parigi è ormai passato. Però Televisa, gruppo radiotelevisivo messicano e proprietario del pacchetto di maggioranza del Club America, ha già comprato i diritti della Ligue 1 per il Centro America. Il portiere, quindi, si trasferirà in Francia, all’Ajaccio. Lascerà un buon ricordo: un tifoso, pur di continuarlo a vederlo vestire la maglia della società francese, mise in vendita su Le Bon Coin la sua casa, i suoi figli e sua madre, in modo tale da raccogliere abbastanza fondi. Un ricordo da vero numero 1. Un numero, in realtà, che poco si adatta alla storia di Memo.

TUTTO TRANNE L’1 – La maglia numero 1, per un portiere, rappresenta il massimo traguardo, il raggiungimento della piena maturità e consapevolezza, della titolarità. Per tutti, sì. Più o meno per tutti. Anche per Memo – soprannome datogli sin dalla tenera età, tipico delle mamme messicane che hanno un figlio di nome Guillermo – era così. Ma ad Ochoa quel numero stava stretto, doveva distinguersi. Ed ecco che dalla stagione ‘14/’15, vissuta a Malaga, Memo cambia. Sceglie la 13, la più azzeccata per lui. Lui che è nato di venerdì 13, che ha esordito il 13 giugno 2004 tra i professionisti. A che ore vi chiederete? Calcio d’inizio fischiato alle ore 13, ovviamente. Numeri, simbologia a cui Ochoa è particolarmente legato. E così ecco l’8 allo Standard Liegi ed il 6, prima di tornare a vestire la 13, indossato nel ritorno in patria al Club America. Una storia particolare quella legata al numero 6.

IL FENOMENO CON “6 DITA” – Nel 2014, alla prima Coppa del Mondo vissuta da titolare del Messico – 3° portiere nel 2006, 2° nel 2010 – è protagonista di una prestazione superlativa contro il Brasile di Neymar. Un autentico muro invalicabile che permette alla sfida di terminare 0-0 ed alla Tri di strappare un pareggio ai verdeoro. Il web impazzisce: “Le para tutte, Ochoa è un fenomeno: ha 6 dita nella mano, ecco perché”. Immagini di ogni tipo iniziano a circolare. E l’estremo difensore non smentisce, ci gioca su, divertito dal movimento venutosi a creare. Un movimento che si ripete ciclicamente ogni 4 anni. Perché se c’è una sua qualità indiscussa è la capacità di fornire prestazioni oltre ogni immaginazione ad ogni edizione dei Mondiali. Dal Brasile di Neymar nel 2014, si passa alla Germania di Toni Kroos nel 2018, eliminata ai gironi anche a causa delle parate del portiere messicano. L’ultima vittima illustre porta il nome di Robert Lewandowski, ipnotizzato dal dischetto dal centramericano al 53° della sfida tra Polonia e Messico. Un rapporto indissolubile tra Ochoa ed i Mondiali, destinato, chissà, a non terminare. Nel mirino c’è la sesta, d’altronde, numero a lui tanto caro. La Salernitana sarà quindi il primo passo verso un sono chiamato Coppa del Mondo 2026, che si disputerà anche nel suo Messico. Per un record, per la storia. Per un numero: il 6.

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