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La superiorità delle società aperte e democratiche (di G. Fauceglia)

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Negli ultimi giorni dello scorso anno e nei primi del nuovo abbiamo assistito all’esecuzione di condanne a morte di giovani iraniani, alla irresponsabilità delle autorità cinesi di fronte alla diffusione del Covid che ha già provocato centinaia di migliaia di morti (le organizzazioni non governative parlano di circa quindicimila decessi al giorno), alla soffocante repressione del dissenso in Russia, all’espulsione dal sistema scolastico e universitario di migliaia di donne afghane.

Ad un’opinione pubblica attenta, non sedata dal metadone del consumismo, non è sfuggito il comune denominatore che lega le vicende innanzi menzionate, che si può rinvenire nella incapacità o impossibilità di quei regimi autocratici di comprendere la potente risorsa della libertà individuale.

Del resto, se questa incomprensione è un dato scontato nelle autocrazie politiche e teocratiche, meno spiegabile resta la sottovalutazione in una parte dell’opinione pubblica occidentale del rapporto tra libertà individuali e conseguenze benefiche per la collettività.

Anche nel recente dibattito politico si è assistito ad un vero e proprio blocco mentale, sino a pervenire alla conclusione che le democrazie liberali rappresentano il “male”, cui è seguita la demonizzazione del mercato. Invero, dietro l’ostilità per il mercato si può intravedere la diffidenza per la libertà individuale e per la sua forza espansiva.

Il rapporto tra mercato e persona è stato uno degli argomenti al centro delle riflessioni teologiche di Benedetto XVI, sviluppate in particolare nella bellissima enciclica Caritas in veritate, firmata il 29 giugno 2009, quando la crisi dei mercati finanziari internazionali travolse le economie dei Paesi occidentali.

Per Benedetto XVI, “il mercato, se c’è fiducia reciproca e generalizzata, è l’istituzione economica che permette l’incontro tra le persone, in quanto operatori economici che utilizzano il contratto come regola dei loro rapporti e che scambiano beni e servizi tra loro fungibili, per soddisfare i loro bisogni e desideri”.

Il mercato viene presentato come una forma di collaborazione fondata sul principio della “reciprocità” e della solidarietà, sì che esso resta la tipologia sociale degli “uomini liberi”, che consapevolmente “competono” per ottenere il migliore risultato possibile. Naturalmente, l’insegnamento del Pontefice perviene al disegno di un’economia sociale di mercato (già cara alla elaborazione di Wilhelm Ropke e di Luigi Sturzo), nella cornice di un nuovo ordine mondiale ispirato ai principi di solidarietà, sussidiarietà e poliarchia, finalizzato al superamento del potere “universale di tipo monocratico” (una specie di Leviatano globale), fondato sulla esasperata ricerca del “profitto”.

In sostanza, le istituzioni economiche e politiche non possono mai operare in un vuoto morale o in un modo virtuale, ma all’interno di un concreto contesto culturale, in cui emerge il valore della persona umana: una sana economia di mercato e un altrettanto sano sistema democratico sono sempre limitati da un ordine giuridico che li regola e da istituzioni morali che interagiscono con essi e li influenzano.

Il riferimento al poderoso insegnamento di Benedetto XVI consente di riportare questa riflessione al dato di partenza: i regimi autocratici, e le sue appendici occidentali, negando il valore delle libertà individuali, finiscono per negare la stessa funzione del mercato nella dimensione solidaristica innanzi indicata, così eliminando, con la forza della repressione feroce, ogni possibile sviluppo sociale.

Porre al di fuori del sistema educativo le donne o reprimere il dissenso con barbare esecuzioni capitali di giovani o torturare e imprigionare la migliore gioventù di quei Paesi, si traduce nella impossibilità di creare una società libera che guardi con fiducia al suo stesso sviluppo. Questa conclusione dovrebbe, invece, essere evidente alle opinioni pubbliche del c.d. mondo libero, le quali spesso non si avvedono del legame che sussiste tra società aperta, democrazia e libertà individuali.

Giuseppe Fauceglia

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