Classe 1970, Paulo Sousa negli ultimi anni ha allenato prima la nazionale polacca e poi il Flamengo. In Italia ha allenato la Fiorentina dal 2015 al 2017. Al lusso preferisce una vita semplice e senza affanni, proprio come gli hanno insegnato il papà meccanico Delfim e la mamma Maria, sarta da sempre. Paulo era un bambino modello ed amante dello studio. La matematica una vera passione che lo ha accompagnato per tutto il percorso da studente. E nel tempo libero tanto sport: dall’atletica leggera al basket, passando per la pallavolo, altra grande passione.
Tipo ambizioso con un sogno nel cassetto: dategli una classe e fategli fare il maestro delle elementari. La vita però gli ha riservato un destino diverso. Via i libri e spazio al pallone. Una carriera da giocatore da invidiare, prima Benfica e poi lo Sporting, la squadra che ha sempre tifato. Moggi lo segue e lo porta alla Juventus alla corte di Lippi. Sousa dimostra di essere un ottimo mediano, un mastino tutto fosforo e classe. Con la maglia bianconera vince un campionato, una Coppa Italia, una Supercoppa italiana e una Champions League. La coppa dalle grandi orecchie la rivince l’anno dopo con il Borussia Dortmund proprio ai danni della Juventus.
Poi il ritorno in Italia, all’Inter. Con i neroazzurri, però, passa più tempo in infermeria che in campo. Nel 2000 colleziona anche 8 presenze con il Parma, prima di chiudere la carriera (da calciatore) tra Panathinaikos ed Espanyol.
Da allenatore inizia come assistente alla panchina della nazionale portoghese, prima di collezionare 3 esperienze in Premier League tra QPR, Swansea City e Leicester City. Ma è negli ultimi 4 anni che Sousa esplode definitamente vincendo 5 trofei in 3 anni e mezzo: in Ungheria con il Videoton conquista 2 coppe di lega e 2 supercoppe. Nel 2013/14 va in Israele e vince lo scudetto con il Maccabi Tel-Aviv.
L’anno dopo comincia la sua avventura al Basilea, dove al primo colpo vince lo scudetto dando 12 punti alla seconda in classifica e chiudendo la stagione con 24 vittorie, 6 pareggi e 6 sconfitte. Nel 2015 arriva in Italia, sulla panchina della Fiorentina. Con i viola partì benissimo: 6 vittorie nelle prime 7 giornate di campionato, raggiungendo un traguardo unico nella storia del club gigliato. Sostituito da Pioli, nelle successive stagioni è tornato a girare il mondo: prima l’esperienza in Cina con il Tianjin Quanjian, da cui fu esonerato a metà stagione, poi il ritorno in Europa con l’occasione Bordeaux. Una stagione e mezzo in Ligue 1, con un quattordicesimo ed un dodicesimo posto.
Un’esperienza che lo rilancia, dandogli l’occasione di diventare il nuovo commissario tecnico della Polonia: 15 le panchine tra gli Europei vinti dall’Italia e le qualificazioni ai Mondiali in Qatar: arriva ai play-off (poi vinti dalla Polonia), ma Paulo Sousa risolve anticipatamente il contratto con la federazione polacca per poi accasarsi al Flamengo. In Brasile è stato esonerato dopo trentaquattro partite, con un bilancio di 20 vittorie, 7 pareggi ed altrettante sconfitte.
Paulo Sousa esprime un calcio pragmatico, applicando un pressing forsennato ed alto per poter recuperare il pallone e ripartire in contropiede. Il 4-3-3 è il modulo che predilige. Allenatore propositivo, la sua Fiorentina viene ricordata come la più spettacolare degli ultimi anni. In carriera ha spesso adoperato il 4-2-3-1, o comunque moduli con la difesa a quattro. Non si può parlare, però, di un integralista: proprio durante la sua esperienza con la Polonia, ha optato anche per la difesa a tre, tra 3-5-2 e 3-4-1-2. Proprio avendolo già avuto in Nazionale polacca Sousa potrebbe rinsavire Piatek per farlo tornare quel cecchino infallibile in area
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