E fu così che il 16 febbraio scorso, il governo italiano ha emesso la condanna a morte del Superbonus. Con il decreto-legge n.11 contenente “Misure urgenti in materia di cessione dei crediti”, il governo stoppa definitivamente la palla dei crediti derivanti da lavorazioni edili che d’ora in avanti, non potranno più essere ceduti né utilizzati per pagare i lavori.
Ma andiamo per ordine, cercando di fare un breve riassunto di quanto è successo tornando all’inizio del duemila venti quando eravamo in pieno lockdown.
Obiettivi che centrava il Superbonus
In quei mesi a Roma stavano studiando misure eccezionali per superare il terribile momento e fu emanato quello che per noi del settore diventerà il famosissimo “decreto rilancio” al cui interno erano contenute in soli 2 articoli il 119 ed il 121 le basi normative del Superbonus. Chi lo ha ideato, quantomeno a livello teorico, è stato decisamente un genio assoluto! Questa misura in un sol colpo centrava svariati obiettivi, perseguendo simultaneamente diverse strategie
nazionali, volute e condivise in pieno dall’Europa:
• La lotta alla “povertà energetica”, problema di grandissima attualità che oggi solo in Italia colpisce oltre 2 milioni di famiglie, pari quasi al 10% del totale delle famiglie. Si stima che questi numeri potrebbe crescere ancora, per effetto del rincaro delle bollette e dell’aumento dei costi di energia e gas
verificatisi negli scorsi mesi
• La riduzione di emissioni di co2 attraverso il miglioramento dell’efficienza energetica del vetusto patrimonio immobiliare italiano.
• La “riduzione del rischio sismico”, ovvero un altro argomento delicatissimo, sul quale soprattutto dopo quanto visto in Turchia ed in Siria, non ritengo sia necessario aggiungere altro.
• La risposta alla “crisi economica” che dopo il Covid e dopo mesi di fermo totale, attanagliava la nostra economia, bisognosa di un serio rilancio.
Così come avrebbe suggerito l’economista John Maynard Keynes, il mese di maggio del 2020, mese di introduzione del D.L. 34 che conteneva questi incentivi, era proprio il momento giusto per intervenire con sostegni economici pubblici al fine di sostenere economia e crescita, la cosiddetta crescita in disavanzo. D’altronde ci sono momenti in cui lo stato avrebbe (il condizionale è d’obbligo) il dovere di salvare il proprio tessuto imprenditoriale intervenendo anche a debito.
Ma cos’era che rendeva così speciale la normativa del Superbonus?
Lo stato riconosceva un “diritto alla detrazione” in capo ai soggetti che completavano anche a Sal i lavori e che a sua volta poteva essere girato in pagamento o ceduto a terzi, in questa seconda fase si trasformava da diritto a credito, ovvero in un “credito di imposta”. Si riusciva in questo modo ad avviare tutto il cantiere senza che né lo stato né il cittadino spendessero nulla. Ovvio che ad anticipare i soldi ci fossero le imprese edili, fiduciose di incassare poi sulla base del “legittimo affidamento” nei confronti di norme dello stato, principio oramai calpestato, ma andiamo avanti.
La “genialata” in fondo era proprio questa, il sistema dei crediti era a compensabilità futura; quindi, avente una pagabilità non immediata dato che sarebbe avvenuta solo dopo 4/5/10 anni (a seconda dell’intervento) non provocando così una spesa immediata per lo stato. Sarebbe così stata contabilizzata quale spesa del bilancio, solo anno per anno, nel momento in cui il contribuente avrebbe usato il credito nelle sue mani per effettuare una compensazione con future ed
eventuali tasse da pagare.
Ma ecco arrivare come un fulmine a ciel sereno l’indicazione contabile di Eurostat, stimolata dall’ISTAT, di riconsiderare questi crediti, una volta emessi, tutti a deficit nell’ anno in cui nascono e non nell’anno in cui verranno usati, come si stava facendo, ed così che l’incantesimo si rompe.. Attenzione però, qui stiamo parlando di imputare dei costi in un’annualità piuttosto che in un’altra, il cosiddetto principio di competenza di una spesa, la questione non può essere ridotta solo a questo perché questa è ragioneria, non è la vita delle persone!
Stiamo buttando i soldi nel pozzo quindi?
Siamo sicuri che l’emissione di un credito derivante da Superbonus porti solo alla riduzione delle future entrate? Lasciando un attimo da parte la contestualità degli altri ritorni positivi derivanti da questi investimenti (sociali/ecologici/sicurezza/qualità della vita), avendoli già elencati prima, domandiamoci però se può mai esistere un investimento economico che abbia un ritorno pari a zero?
Quindi se il Ministro Giorgetti ed il governo dicono che, il “buco” causato dalla misura in oggetto è pari all’ammontare dei crediti rilasciati, stanno dicendo che il ritorno è matematicamente pari a zero. Ma è vero questo? Quindi abbiamo buttato decine di miliardi dei contribuenti nel Super-Pozzo-Bonus? Ovviamente no, mentono spudoratamente, e lo sanno bene. Ad ottobre in conferenza stampa ci hanno raccontato del buco da 38 mld, ora tirano fuori il calcolo dalla forte valenza comunicativa del debito di 2.000,00 euro per Italiano.
Inutile dire che sulle future entrate portate da questi investimenti e sulle ricadute benefiche, hanno relazionato con tanto di prove numeriche, tutti gli Ordini Professionali, il Centro studi della Camera dei deputati, l’Associazione nazionale Costruttori edili, la Confartigianato etc. etc. L’ultimo lavoro in ordine di tempo è stato quello della Fondazione nazionale Commercialisti, che ci dimostra analiticamente che per ogni euro pubblico speso, le entrate dello Stato sono salite di ben 43 centesimi di imposte; quindi, si è immediatamente recuperata quasi la metà.
La presidente dell’ANCE ha fornito poi stime secondo le quali negli anni il ritorno dell’investimento sarebbe addirittura pari a 120 centesimi, allora è chiaro che “non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire” e che quindi giriamo sempre intorno, alla stessa domanda ovvero: Perché chi è al governo, malgrado le promesse fatte in campagna elettorale, si sta accanendo così tanto al fine di smontare questa misura incentivante?
Il “SuperMeloBonus” o il “Super-Meloni-Bonus”!
Sicuramente il primo irrisolvibile problema è che non l’hanno ideato loro, se lo cambiassero solo di nome da SuperBonus in Super-Meloni-Bonus, forse la farebbero finita; scherzi a parte, anche perché c’è poco da scherzare, che l’attuale governo non l’amasse, è stato evidente già dai primi giorni di insediamento.
Ad essere onesti però, che qualcosa nel giocattolone creato dei 5 Stelle funzionasse male, facendo tanto rumore, malgrado i tentativi riparatori dei decreti antifrode e successivi, divenne eclatante già nel luglio del 2022, quando l’allora Premier Mario Draghi scuro in volto, disse chiaramente alle camere:
“Il problema non è il Superbonus ma i meccanismi di cessioni dei crediti senza discrimine e senza discernimento. Ora bisogna riparare al malfatto, bisogna tirar fuori dai pasticci quelle migliaia di imprese che si trovano in difficoltà”. L’ex Premier probabilmente era in buona fede, voleva provare a ripararlo il giocattolo Superbonus, ne intuiva la forza e la valenza, ma era feroce per il fatto che le norme attuative alla prova dei fatti si erano rivelate piene di buchi, lasciando varchi nei quali si erano infilanti tanti ladri, addirittura prima che le guardie delle nostre finanze potessero capire bene ed organizzare una difesa.
Gli ottimi ladri e le pessime guardie
Dal software dell’Agenzia delle Entrate, quindi, iniziarono ad essere generati, per mano dei truffatori, centinai di migliaia di euro di crediti falsi, eh si avete letto bene, proprio dai sistemi informatici che avrebbero dovuto fare quantomeno un minimo di controllo, gli stessi sistemi che, quando vogliono, entrano
come nell’ex DDR nelle “vite degli altri” e che stavolta, quando serviva veramente, non hanno funzionato.
Qualche non addetto ai lavori avrà pensato che questi crediti falsi fossero stati stampati di notte in cantina come facevano Totò e Peppino nella “banda degli onesti”, ma la realtà ha superato la fantasia, l’Agenzia delle Entrate gliel’ha lasciati generare e le Poste li ha pagati per milioni di euro, cosa da restare attoniti.
Perché questi “crediti spazzatura” prima di andare in circolo inquinando il sistema, non sono stati bloccati alla fonte?
Perché Poste, Cassa depositi e prestiti ed alcune Banca, soprattutto inizialmente, non hanno applicato le preesistenti e rodate “normative antiriciclaggio”?
Se è vero che i crediti edili non erano facilmente verificabili, andava fatta quantomeno un’adeguata verifica economico/patrimoniale sul soggetto che si presentava allo sportello e sull’operazione che portava con se allo sconto, tante di queste (quasi tutte) si sarebbero potute bloccare e segnalare prima di pagare, ora mi dite a cosa serve mandare in giro migliaia di Finanzieri, già alle prese con mille impegni, ad inseguire soldi oramai giacenti a Dubai o a Singapore?
La “politica monetaria” nelle mani della signora Maria
Se tutti i timori visti sopra erano comprensibili e condivisibili, c’è però un lato oscuro della vicenda dove forse c’è stata meno trasparenza, ovvero il Superbonus ha iniziato veramente a far paura ai poteri che da sempre ci governano. I timori non erano tanto per gli impatti sul bilancio dello stato per via del debito che andava generandosi, anche perché hanno sempre fatto di tutto fregandosene degli Italiani, quindi di cosa parliamo?
Quella che montava stavolta era la paura di perdere una parte del potere di controllo che hanno su di noi, ovvero di dover “condividere“ con noi comuni mortali, uno dei più importanti strumenti con cui si influenza l’economia, ovvero la “politica monetaria”. Tranne che in Germania nel 1933, mai in Europa si era osato tanto, emissioni di questo genere di strumenti sono avvenute molto raramente e solo in concomitanza con gravi crisi di liquidità e con la conseguente
impossibilità di finanziarsi.
Per trovare un caso analogo dobbiamo andare indietro al 2009 negli stati Uniti e più precisamente nello stato della California. Grazie alla cessione del credito ed allo sconto in fattura dicevamo, si generava una moneta, la cosiddetta “moneta fiscale”, coniata però non da una banca centrale, non da un governatore con 4 lauree, bensì dalla signora Maria!
Arriviamo così alla signora Maria, e si, proprio lei, la nostra cara signora Maria, che avendo appena finito di cambiare caldaia e finestre, inviando il modello di comunicazione all’ADE, si auto-generava il credito nei confronti dello stato, senza chiedere il permesso a nessuno… Con questa moneta poi la signora ci avrebbe pagato l’impresa edile e quest’ultima a sua volta l’avrebbe usata per compensarci gli F24 oppure per girarla al fornitore dei materiali.
Immaginate solo un attimo quando hanno capito esattamente la forza rivoluzionaria di questo processo i burocrati in giacca e cravatta che faccia hanno fatto sia a Roma che a Bruxelles. Cioè è mai possibile, si saranno chiesti costoro, che la signora Maria, pensionata, costretta a vivere in una casa popolare di periferia, potesse finalmente mirare ad una vita migliore in una casa salubre e più dignitosa, “solo” grazie ad una legge dello “stato”?
Attenzione che qui la parola “stato” la vogliamo intendere nel senso più puro e nobile dell’accezione, ovvero purificato dalla mala-politica, dalla troppa-burocrazia e da tutti i poteri che decidono delle nostre vite, quindi non il nostro “stato”. Finalmente come in Svezia, in Belgio, in Olanda, si poteva ricevere un aiuto giusto, senza dover studiare cento leggi, senza dover chiedere mille favori, tremila permessi, senza dover chiedere aiuto all’amico, al politico, al direttore di banca, insomma, senza dover chiedere nulla a nessuno si poteva ristrutturare casa sol perché ci spettava, e ci spettava in quanto cittadini italiani e la cosa bella, udite udite, spettava a tutti in egual misura, ricchi e poveri, belli e brutti, di destra e di sinistra..
Il Martire Superbonus
Ma era troppo bello per essere vero, era una rivoluzione dello Status quo, ma le rivoluzioni si sa, hanno sempre dei martiri. Ed il martire stavolta è stato l’art. 121 della legge 34/2020, che una volta reciso come è stato fatto l’altra notte, fa perdere tutta la forza al Superbonus che va sgonfiandosi come un palloncino, tornando ai 2000/3000 interventi edili l’anno fatti con la detrazione a fronte dei quasi 200.000 di oggi fatti con lo sconto in fattura.
Il messaggio che passa purtroppo, anche se provano mascherarlo è il seguente:
Da oggi in poi signori cari, i crediti non sono più cedibili a nessuno, anzi i crediti muoiono e resta solo il diritto alla detrazione; quindi, se proprio volete fare i lavori, fateveli a spese vostre, e se non avete i soldi, saranno problemi vostri. I ricchi potranno continuare a sfruttare almeno in parte alcune misure (che senso ha poi oggi tenere ancora in piedi la limitazione del “reddito di riferimento”?) perché se li compenseranno, ed i poveri continueranno a morirsi di freddo in case umide piene di muffa che inquinano e non dimentichiamolo che sono sismicamente poco sicure.