Una Salernitana – vivaddio – diversa: non tanto negli uomini (con scelte nette e coraggiose, e anche con promozioni e bocciature eccellenti nell’undici iniziale, oltre che con i rientri preziosi di Mazzocchi e Maggiore a gara in corso) e nell’assetto tattico, ma nello spirito e nella filosofia di gioco.
La squadra granata costruisce parecchio, subisce meno (porta imbattuta dopo 12 giornate), ma ha ancora il difetto – almeno nel primo tempo della sfida con un Monza che gioca e lascia giocare – di sprecare tanto, troppo, con un Piatek che si divora l’impossibile di fronte a Cragno. Ma i segnali di un cambio radicale di mentalità, che con Sousa in panchina s’erano intravisti ad intermittenza giusto una settimana fa, nella gara con i brianzoli sono diventati più evidenti, continui, produttivil. E, nella ripresa, anche col sostegno incessante dei “sempre-presenti” (poco meno di 15mila), che si fanno sentire, eccome!, in uno stadio – inspiegabilmente – di nuovo mezzo vuoto, la Salernitana capitalizza una prestazione di grande spessore tecnico e caratteriale con una parabola alla “Del Piero” di Coulibaly, una sassata di un rigenerato Kastanos, e un tap-in del capitano (e migliore dei suoi) Candreva. E, nei pochi passaggi a vuoto del passato, la custodisce grazie alle mani sicure di Ochoa.
Annichilito il Monza delle meraviglie (che non perdeva in trasferta da novembre dello scorso anno) da una squadra a cui Sousa è riuscito già in 180 minuti a dare un’impronta di “normalità”, scacciando – come aveva auspicato Iervolino nel pre-partita – “gli spettri della zona retrocessione”.
E alla fine….applausi, strameritati, per tutti: in campo, in panchina e persino sugli spalti!
di Enrico Scapaticci