Secondo quanto risulta, tra gli indagati figurebbero l’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e il suo ex assessore al Welfare Giulio Gallera. Nel registro compaiono anche il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, il coordinatore del primo Comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo, l’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli e il presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli. Secondo i pm bergamaschi, “il disastro si sarebbe potuto evitare”.
A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia che, tra febbraio e aprile 2020, ha straziato il territorio di Bergamo con oltre 6mila morti in più rispetto alla media dell’anno precedente, la Procura ha chiuso l’inchiesta per epidemia colposa.
Al di là del numero degli indagati e dell’eventuale invio di alcuni filoni ad altre Procure, gli accertamenti, che si sono avvalsi di una maxi consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo dell’Università di Padova e ora senatore del Pd, hanno riguardato tre livelli. Uno strettamente locale, uno regionale e il terzo nazionale.
Nel mirino degli inquirenti e degli investigatori della guardia di finanza sono finiti non solo i morti nelle Rsa della Val Seriana e il caso dell’ospedale di Alzano chiuso e riaperto nel giro di poche ore, ma soprattutto la mancata istituzione di una zona rossa uguale a quella disposta nel Lodigiano. Sotto la lente delle autorità anche i mancati aggiornamenti del piano pandemico, fermo al 2006, e l’applicazione di quello esistente anche se datato che comunque, stando agli elementi raccolti, avrebbe potuto contenere la