Site icon Salernonotizie.it

La presunta contemporaneità di Elly Schlein (di Giuseppe Fauceglia)

Stampa
Il principale punto di forza della segretaria del PD è il presunto tratto di modernità incarnato dalla sua figura: si tratta di una giovane donna, movimentista, dal linguaggio semplice, con poca esperienza di governo ma con ottima conoscenza dei social.

Detto questo e in contestazione con i rilievi beceri che si leggono sui social in relazione a sue esclusive scelte personali, che nulla hanno da vedere con la politica, resta da esaminare se la scelta della Schlein risponda davvero ad una domanda di cambiamento oppure è il risultato di una stagione passata, riconducibile a personaggi come Bettini & C..

Certamente, il tratto della nuova segretaria corrisponde a quella “sinistra reale”, intesa come il sempre più ristretto corpo elettorale che si riconosce nel PD; questo dato, però, non può far dimenticare che allorquando si passa dal “contenitore” al “contenuto”, altre devono essere le considerazioni. Mi pare che dalle prime dichiarazioni e dal vissuto della Schlein emerga l’antico mito della sinistra italiana, che considera i figli della globalizzazione e i figli del capitalismo come i veri nemici del popolo.

In questa prospettiva, come acutamente nota Luciano Capone su “Il Foglio”, “conta più la divisione della torta, che la creazione della torta”. Si intravede, già nel suo programma una certa avversione verso l’impresa e la proprietà privata (basta leggere le misure coattive per l’affitto ex lege delle abitazioni sfitte o addirittura l’imposizione alle imprese dei costi di esternalità non governabili), in uno ad una serie di iniziative finalizzate al nobile intento di ridurre le diseguaglianze, ma con poca attenzione ai costi da sostenere.

In sostanza, in un pericoloso avvilupparsi di argomenti, non sembra essere stato compreso dalla Schlein che l’espansione senza misura della spesa pubblica richiede maggiori introiti fiscali, e ciò non può che dipendere dall’aumento della tassazione, nel nostro Paese già la più elevata di Europa.

Il programma della Schlein risulterebbe in contrasto finanche con le sue dichiarazioni, ovvero di “evitare di lasciare in eredità alle prossime generazioni un debito pubblico insostenibile”. Ma se si aumenta a dismisura, e a volte senza controllo, la spesa pubblica, il risultato voluto si presenta come una vera e propria eterogenesi dei fini, con un effetto esattamente contrario a quello preteso.

Ecco, allora, il problema: la Schlein utilizza argomenti privi di effettivi contenuti, riportando il PD ad un populismo di sinistra, ancora più pericoloso del populismo pentastellato (col quale aspira ad allearsi sul modello francese di Mélenchon), in assenza di una chiara visione della realtà dell’Italia.

Insomma, ancora una volta, “solo parole”, nella migliore tradizione di una sinistra-sinistra che non si preoccupa degli effetti sull’economia reale delle proprie scelte, e che marginalizza i bravi amministratori che pure sono presenti nel partito (l’esempio di Gori è indicativo). Questo spiega i malumori di quella parte del PD, che in questi anni ha tentato di percorrere la strada del riformismo, e spiega il definitivo tramonto di quel progetto voluto da Veltroni, volto a creare non solo un cartello elettorale, ma un vero e proprio soggetto politico di un “partito moderno”.

Del resto, le prime esternazioni della Schlein non sono certamente caratterizzate da adeguata ponderazione. Richiamare, ad esempio, sull’onda emotiva di giovani che poco studiano la storia, a fronte del marginale e finanche controverso episodio fiorentino, il pericolo di uno squadrismo fascista (evidentemente, ignorando che quel tragico fenomeno era frutto di comportamenti collettivi volti a sovvertire l’ordine dello Stato liberale) equivale ad una battuta buona solo per la “curva” della tifoseria, così come speculare sulla tragedia di Crotone, in assenza di qualsiasi proposta per governare il flusso migratorio (del resto, l’unica scelta che fa il PD è quella di chiedere dimissioni a raffica di ministri e vice-ministri).

Siamo di fronte ad un PD che fatica a trovare una battaglia diversa dal “terzo-mondismo” in salsa giallo-rossa o dall’antifascismo di facciata, e questo non è certo la premessa migliore per avere una leadership in grado di occuparsi un po’ più dei problemi e delle soluzioni, e un po’ meno di farfalle.

Giuseppe Fauceglia   

Exit mobile version