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Rifiuti, al Sud mancano impianti il conto salato lo pagano i cittadini

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Secondo una ricerca di Cassa e depositi e prestiti famiglie e imprese del Sud pagano il 25% in più di Tari per il servizio di gestione della spazzatura rispetto a chi abita nelle Regioni del Nord (359 euro l’anno a fronte di 282 euro). Il prossimo Rapporto Sud del Sole 24 Ore in edicola venerdì 24 marzo in Calabria, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia e Sardegna dedica l’apertura alle conclusioni dello studio di Cassa depositi e prestiti per il quale sono soprattutto gli extra-costi associati al trasporto dei rifiuti fuori regione, quantificabili in 75 milioni di euro di Tari aggiuntiva, per il 90% a carico delle regioni del Centro-Sud, nonostante la qualità del servizio rimanga generalmente inferiore rispetto al resto del Paese. Altro tema importante è quello che riguarda l’impiantistica e in particolare gli impianti di recupero energetico come gli inceneritori.

Attualmente, scrivono i ricercatori di Cdp, in Italia sono presenti 177 impianti di smaltimento finale tra discariche, impianti di incenerimento (tutti abilitati al recupero di energia) e impianti industriali che effettuano il coincenerimento dei rifiuti urbani. Gli impianti di recupero energetico sono concentrati in particolare nelle regioni settentrionali (dove sono presenti il 70% degli impianti) e le sei regioni (Valle D’Aosta, Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo e Sicilia), che non ricorrono al recupero energetico a causa della totale assenza impiantistica, hanno tra i tassi più elevati di conferimento in discarica. Complessivamente, si stima che il fabbisogno impiantisco al 2035 per il trattamento di rifiuti urbani necessario per centrare i target europei ammonti a 5,2 milioni di tonnellate di cui: 2,4 milioni per il trattamento dell’organico, concentrati in particolar modo in Campania, Lazio e Sicilia; 2,8 milioni per il recupero energetico, concentrati soprattutto in Sicilia, Veneto e Lazio. Caso a parte la Campania che, oltre a soffrire dei problemi di cui sopra, ha da risolvere ancora il nodo della frazione umida perché il processo per la valorizzazione e trasformazione in energia e compost non ha ancora raggiunto i valori ottimali. Al centro del discorso c’è proprio la realizzazione di impianti per biogas e biometano. Strutture al cui interno viene trattata la frazione verde, gli scarti alimentari o gli sfalci da potatura.

“La Regione stima 440mila tonnellate annue da trattare. Oggi tale rifiuto viene portato fuori regione” spiega al Rapporto Sud Fabio Costarella, responsabile centro sud del Conai, il consorzio nazionale imballaggi che porta avanti la sua attività nell’ambito del ciclo dei rifiuti. I programmi ci sono, i fondi per realizzarli anche (a meno di farseli revocare), ma gli impianti per il trattamento del rifiuto organico ancora no… a più di venti anni dalla emergenza rifiuti della Campania, si legge sul Rapporto.

Lavoro. Continua a crescere anche nei primi mesi del 2023 il fabbisogno occupazionale associato a un ulteriore deciso aumento delle difficoltà delle imprese nel reperire i profili professionali ricercati. Spicca la Basilicata che, a febbraio si attesta su una percentuale del 47,5% (di lavoratori che è difficile trovare), contro il 46,2% della media nazionale e il 42,6% del Sud, secondo il Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal. Il Rapporto Sud del Sole 24 Ore di venerdì 24 marzo evidenzia che mancano soprattutto i profili specializzati, tecnici Ict, progettisti di software, ma anche autisti, operai edili, elettricisti, meccanici, idraulici, acconciatori, estetisti, sarti, addetti al settore turistico: dall’alberghiero alla ristorazione. Anche Confartigianato in uno studio sul mismatch tra domanda e offerta di lavoro, evidenzia che in Basilicata si tocca quota 41,4% nei comparti artigiani. Matera sconta di più la difficoltà di reperire il personale (38,5%), segue Potenza (37,7%). Rivoluzione digitale e gap tra scuola e mondo del lavoro: sono le principali cause della carenza di manodopera.

Sbarchi. Il Rapporto Sud racconta il caso di Roccella Ionica, che è uno dei primi approdi della rotta turca, quella lungo la quale navigava il caicco naufragato tragicamente a Cutro, e che è impegnata da tempo nel soccorso a terra dei migranti. Nel 2022 sono state identificate 7mila persone. Sul porto una tensostruttura e presidi di assistenza tra cui Medici senza frontiere. E molti, più di 140, erano bambini.

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