A testa altissima, come ha fatto Gyomber con Osimhen, per più di 90 minuti. A testa altissima, come è uscita la Salernitana dal “Maradona”, in un derby dal pronostico strachiuso, in uno stadio stracolmo d’entusiasmo azzurro (specie dopo il tracollo della Lazio a San Siro), di fronte alla forza straripante dei prossimi campioni d’Italia.
La squadra granata ha dimostrato, ancora una volta da quando ne ha assunto la guida tecnica Paulo Sousa (che ci ha messo tanto del suo, con le scelte iniziali e, soprattutto, con i cambi a partita in corso) di strameritare il suo (virtuale) scudetto
Ha compiuto – con sacrificio, carattere, concentrazione, compattezza – una missione che sembrava impossibile. Ha onorato la maglia. Ha fatto sentire orgoglioso tutto il popolo che trepida per l’Ippocampo, che ha caricato ulteriormente di motivazioni capitan Mazzocchi e compagni prima della partenza del pullman sociale per lo stadio di Fuorigrotta.
Ha fatto un’impresa: lasciare il rettangolo di gioco del “Maradona” a testa altissima, nella domenica che doveva consacrare anche aritmeticamente lo scudetto del Napoli, e con un punto che pesa un’enormità per la classifica e per la storia.
Di Enrico Scapaticci
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