Il ricorso degli avvocati ricorrenti ruotava intorno al presupposto che «considerato che la scadenza naturale del mandato consiliare è di 4 anni solari, la consiliatura di fermo cui l’avvocato Paolino era obbligato, al fine della possibilità di ricandidarsi, sarebbe stata di durata inferiore a quella legale e solare, essendo stata ridotta a 3 anni e 5 mesi circa».
Il Consiglio nazionale forense ha smontato le tesi dei ricorrenti sottolineando che «È evidente che la norma di divieto miri ad impedire l’esercizio di un terzo mandato consecutivo, situazione che nel caso di specie non si presenta, atteso che l’avvocato Paolino non ha partecipato alla consiliatura 2019/2022, determinando un’interruzione di durata legale quadriennale e, dunque, pari ad un mandato in senso “oggettivo”- rispetto alla sua precedente esperienza consiliare».
Ed ancora: «il divieto del terzo mandato riguarda esclusivamente i mandati ultrabiennali consecutivi; per la “ricandidatura” occorre considerare la durata oggettiva del mandato, che è quella legale (tendenzialmente) quadriennale; dei mandati di durata inferiore ai due anni non si tiene conto ai fini del rispetto del divieto».