Il punto all’attenzione della Procura federale è capire se si sia trattato di un faccia a faccia di semplice incitamento della squadra in vista della fondamentale semifinale di ritorno di Champions League contro l’Inter, come spiegato nel dopo gara da Pioli, oppure se in quel confronto con i volti a pochi centimetri ci sia stato dell’altro, ovvero intimidazione o minacce. Il confine potrebbe essere sottile, ma è decisivo ai fini di un’eventuale sanzione per il Milan.
L’articolo 25 comma 9 del Codice di di Giustizia Sportiva è infatti tassativo sul tema: “Durante le gare o in situazioni collegate allo svolgimento della loro attività, ai tesserati è fatto divieto di avere interlocuzioni con i sostenitori o di sottostare a manifestazioni e comportamenti degli stessi che costituiscano forme di intimidazione, determinino offesa, denigrazione, insulto per la persona o comunque violino la dignità umana”.
Quest’ultima espressione è davvero ampia e fa capire come lo spirito della norma in questione sia proprio di evitare pubbliche gogne di qualsiasi tipo e sfumatura. Quanto alle possibili sanzioni, il medesimo articolo recita: “In caso di violazione del divieto si applicano le sanzioni di cui all’art. 9, comma 1, lett. e) o h). In ambito professionistico, unitamente alla sanzione di cui all’art. 9, comma 1, lettera e) o h) si applica la sanzione di cui all’art. 9, comma 1, lettera d) nelle seguenti misure: euro 20.000 per violazioni in ambito di Serie A; euro 8.000 per violazioni in ambito di Serie B; euro 4.000 per violazioni in ambito di Lega Pro”.
In caso di accertata violazione da parte del Milan, dunque, le sanzioni potrebbero andare dalla multa alla squalifica, all’inibizione. Sarà materia di analisi da parte del procuratore federale Chiné.