La sentenza, emessa dopo poco meno di due ore di camera di consiglio, ha fatto proprie le richieste formulate dal pubblico ministro, Vincenzo Russo.
L’omicidio di Aldo Gioia è stato uno dei casi di cronaca nera che ha destato più scalpore negli ultimi decenni a Avellino. I due fidanzati, Elena era diventata da poche settimane maggiorenne, avevano progettato anche l’uccisione della madre e della sorella di Elena, Liana Ferraiolo e Emilia Gioia. Furono proprio loro, richiamate dalle urla di Aldo Gioia che cercava di difendersi, a mettere in fuga Giovanni Limata. Il giovane originario di Cervinara (Avellino), era stato fatto entrare in casa da Elena che dopo aver depositato la spazzatura nell’atrio del palazzo, lasciò il portone aperto.
La difesa di Elena Gioia, rappresentata dall’avvocato Livia Rossi, stamattina nelle sue conclusioni aveva chiesto alla Corte “una condanna giusta, ma non pene esemplari per soddisfare la piazza mediatica” e di escludere l’aggravante della premeditazione. L’avvocato Rolando Iorio, difensore di Giovanni Limata, contestando la perizia del tribunale che ha accertato la capacità di intendere e di volere dei due imputati, aveva invocato la non imputabilità del suo assistito e, in alternativa, il minimo della pena. Entrambi gli imputati non erano in aula al momento della lettura della sentenza. (ANSA).