Non si placa la polemica politica sulle modalità con le quali si è intervenuto sul costone roccioso in uno dei tratti più caratteristici, e pertanto protetti, della costa cilentana, quello della “Cala del Cefalo” di Marina di Camerota. Dopo la diffida della Sovrintendenza, infatti, il sindaco di Camerota ha ritenuto di proseguire attraverso lo strumento della “somma urgenza” e ancora una volta con l’ausilio dell’esplosivo.
Per Franco Mari, parlamentare salernitano di Alleanza Verdi Sinistra, gli atti della Sovrintendenza e del Parco avevano il carattere di un ordine di sospensione dei lavori, che non potevano, quindi, avere seguito senza le specifiche autorizzazioni di legge. “Di tutto questo – ha spiegato Mari nella sua interrogazione – La Procura di Vallo della Lucania è da tempo informata e un suo tempestivo intervento avrebbe potuto evitare che si proseguisse con la demolizione della falesia nei modi e nelle forme adottate dal Comune di Camerota”. La palla viene così gettata nel campo del ministero della Giustizia, a cui ora toccherà fornire i dovuti chiarimenti.
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