La destra, conservatrice, sovranista, populista, è data in crescita. La sua vittoria in Italia, Grecia, Svezia lascia ben sperare altrove. Saranno determinanti i risultati di Germania, Francia, Spagna. Specie la Germania in quanto elegge il numero maggiore di deputati europei ed è stata la scena del ribaltone. Dalla grande coalizione fra i Cristiano Democratici e i Socialdemocratici si è passati alla coalizione arcobaleno. La SPD, con il Cancelliere Scholz, ha sfrattato CDU-CSU a favore di Liberali e Verdi.
I Liberali hanno sempre oscillato fra CDU e SPD scegliendo ora questi ultimi. I Verdi sono divenuti, loro malgrado, il bersaglio polemico delle destre europee. La loro colpa: voler accelerare la transizione ecologica a scapito dell’industria. Il fronte dei negazionisti, quelli che il cambiamento climatico c’è sempre stato, dipende dal cambio delle stagioni come nel guardaroba di casa, è agguerrito, per ora si esprime con la sicumera di chi oppone argomenti scientifici a pregiudizi ideologici.
La vicenda tedesca pesa sull’europea. Manfred Weber, capogruppo dei Popolari, nel 2019 bloccato nella corsa alla Presidenza della Commissione, gli fu preferita Ursula von der Leyen per volontà di Macron e Merkel, medita di ribaltare gli equilibri in seno al Parlamento europeo.
Basta con la grande coalizione fra Socialisti – Democratici e Popolari, questi devono guardare ai Conservatori e, per bilanciare la spinta, ai Liberali. Il nuovo trittico avrebbe l’influenza per influenzare la scelta dei vertici europei. E semmai nominare la maltese Roberta Metsola o l’italiano Antonio Tajani alla Presidenza della Commissione: l’incarico resterebbe ad un Popolare ma vicino alle tesi conservatrici.
Il nuovo assetto rispecchierebbe a Strasburgo quanto avviene nelle capitali nazionali. Lo slittamento dell’elettorato a destra deve trovare sfogo nelle istituzioni europee, lo richiede la coerenza generale dell’agire politico.
Di qui le premure verso Fratelli d’Italia perché, abbandonando certi simboli del passato, scelgano il conservatorismo per irrobustire il gruppo di comando. Governano a Roma, possono contribuire a governare a Bruxelles. All’angolo verrebbe lasciata la destra dichiaratamente identitaria (la Lega). Uno smottamento verso il centro dello schieramento per rendere la nuova alleanza meno contundente rispetto al passato. Weber pone infatti la fede europeistica come precondizione per aderire al club.
In replica, Ursula von der Leyen ricandida se stessa. Se poi la sua conferma al Berlaymont avverrà grazie alla cosiddetta maggioranza Ursula che la elesse nel 2019, allora il fermo immagine sarà perfetto. Congelare i vertici è la scorciatoia per non decidere.
Sulle elezioni europee peserà l’incognita del voto presidenziale negli Stati Uniti. In Europa si vota a giugno, in America a novembre. Se a Washington dovesse prevalere il candidato repubblicano, l’intero fronte occidentale guarderebbe a destra.
Non che a destra tutto funzioni a dovere. In linea generale, il Governo italiano simpatizza con quelli di Polonia e Ungheria, a legarli è il sottile filo sovranista. Emerge però la divergenza fra Roma da una parte e Budapest e Varsavia dall’altra ogni qualvolta si dibatte di politica migratoria.
L’Italia chiede la solidarietà riguardo agli sbarchi, mai così copiosi da quando il Governo promise che sarebbero diminuiti fino a cessare. Gli altri oppongono riserve. Il pacchetto messo a punto dal Consiglio Interno solo in parte viene incontro alle nostre esigenze. Il risultato finale va negoziato con il Parlamento europeo.
Resterebbe aperta la possibilità agli stati membri che non vogliano di rifiutare i migranti in arrivo dal paese di prima accoglienza. All’Italia si chiede di controllare i movimenti secondari dei migranti: quelli che approdano nei nostri porti per poi sistemarsi al Nord.
Il programma della nuova coalizione evocata da Weber richiede chiarezza sulla politica migratoria. Rischia di inverare il detto “prima i programmi e poi le persone”.
di Cosimo Risi
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