Fotovoltaico abbinato all’agricoltura, pericolo oppure opportunità per la nostra agricoltura?

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In primo luogo, ritegno che sia opportuno distinguere due situazioni apparentemente simili ma nella sostanza diversissime, ovvero:

  1. L’AGRISOLARE, con pannelli sui tetti delle aziende agricole e della trasformazione.
  2. L’AGRIVOLTAICO, con pannelli collocati a terra sui terreni agricoli

ANALIZZIAMO IN PRIMO LUOGO COS’È L’AGRISOLARE E QUALI OPPORTUNITÀ PUÒ DARE AL SETTORE:

Parliamo di “agrisolare” o “agrosolare” quando ci riferiamo ad impianti fotovoltaici installati sui tetti di edifici ad uso produttivo nei settori agricolo, zootecnico e agroindustriale.

Ci riferiamo, quindi, ad impianti che possono alimentare i consumi energetici di fattorie, allevamenti e stabilimenti di trasformazione preesistenti e strumentali alle suddette attività, ivi comprese le serre.

Questo tipo di intervento ritengo sia una grande opportunità per le aziende irpine collocate su un terreno a forte vocazione agricola, le stesse che hanno contribuito a rendere celebre la nostra terra in tutto il mondo grazie a nobili prodotti quali le castagne, le nocciole, l’olio, il torrone, i tartufi, i vini, i salumi, i formaggi, etc. etc.

Le trasformazioni del settore si erano già avviate con l’avvio dell’era Agrifood 4.0, dove i processi di digitalizzazione stanno contribuendo a rendere finalmente possibile una tracciabilità sicura dei prodotti, oltre ad informazioni sullo stato di conservazione e freschezza degli stessi.

Quello che però restava in parte irrisolto per i produttori agricoli era il problema, rivelatosi poi drammatico solo pochi mesi fa, dell’approvvigionamento energetico a prezzi contenuti, problema che invece non ha riguardato buona parte dei competitors oltreconfine.

Istallare un impianto di produzione di energia rinnovabile, sul tetto di una azienda agricola, è un investimento che in pochi anni porterebbe al rientro economico dello stesso, soprattutto con livelli del PUN alti (acronimo di Prezzo Unico Nazionale ovvero prezzo di riferimento all’ingrosso dell’energia elettrica)

Aggiungiamo i benefici effetti sull’ambiente derivanti dal processo di sostituzione dell’energia della rete, contenuta all’interno mix energetico che include anche energia primaria da fonti fossili, con energia al 100% pulita proveniente da fonti energetiche rinnovabili.

Nello specifico di questi giorni è l’ulteriore opportunità offertaci dal recentissimo bando del Ministero dell’Agricoltura (C.D. Parco Agrisolare), i cui fondi provengono dal PNRR, Missione 2, componente 1, investimento 2.2.

 

 

Questo bando dicevamo finanzia sino all’80% in conto capitale (a fondo perduto) l’istallazione di pannelli fotovoltaici sulle coperture di fabbricati strumentali all’attività dei soggetti beneficiari.

Particolarità dell’incentivazione è quella di privilegiare la realizzazione di impianti fotovoltaico il cui fine è quello di produrre, su base media annua, solo l’energia necessaria all’attività agricola, dove per energia però si devono intendere tutti i tipi di energia, come ad esempio, i combustibili utilizzati per soddisfare il fabbisogno termico dell’azienda.

Impianti che invece verranno dimensionati con il fine di produrre più energia rispetto al fabbisogno di autoconsumo riceveranno una minore incentivazione.

Questo è a mio avviso un modo corretto per non indurre in tentazione l’imprenditore agricolo con rendite di diversa natura, quanto piuttosto di dargli la possibilità finanziaria di acquistare un bene strumentale prezioso indispensabile per la riconversione “green” dell’azienda.

Questa energia autoprodotta potrà poi essere utilizzata in tutto il ciclo produttivo, non a caso il bando prevede tra le spese ammissibili anche le colonnine di ricarica per eventuali futuri trattori, aratri, motozappe, il tutto rigorosamente elettrico!

La potenza minima degli impianti finanziabili sarà di 6 kWp sino ad un massimo di 1000 kWp.

Quelli che vengono incentivati, saranno impianti di “Agri-voltaico” istallati su edifici preesistenti ad uso produttivo, senza quindi consumo di suolo agricolo.

Infine, le spese ammesse potranno riguardare anche interventi su strutture in uso all’impresa agricola destinate alla ricezione ed ospitalità nell’ambito dell’attività agrituristica.

Unitamente a tale attività ed ai sistemi di accumulo dell’energia, potranno essere eseguiti uno o più dei seguenti interventi di riqualificazione ai fini del miglioramento dell’efficienza energetica delle strutture:

  1. a) rimozione e smaltimento dell’amianto dai tetti
  2. b) realizzazione dell’isolamento termico dei tetti al fine di efficientare energeticamente la struttura
  3. c) realizzazione di un sistema di aerazione connesso alla sostituzione del tetto mediante tetto ventilato e camini di evacuazione dell’aria, anche al fine di migliorare eventualmente il benessere animale.

In conclusione, ben vengano queste agevolazioni che possono concorrere alla sopravvivenza  e soprattutto allo sviluppo del sapere contadino.

 

ANALIZZIAMO ADESSO L’AGRIVOLTAICO:

Agrivoltaico, ovvero quando i pannelli fotovoltaici sono collocati sui terreni agricoli con montaggio dei moduli elevati da terra.

A differenza del primo tipo di intervento che era sugli edifici, in questo secondo caso dobbiamo stare molto attenti e vigilare perché come proverò a spiegare il rischio distorsioni è altissimo.

La peggiore crisi energetica che l’Italia abbia mai conosciuto, unita agli obiettivi derivanti dal recepimento nell’ordinamento nazionale di ambiziosissime direttive europee miranti all’aumento dell’uso delle FER (fonti energetiche rinnovabili) hanno creato le condizioni affinché tutte le certezze in materia fossero messe in discussione.

L’Art. 65 del DL n°1 del 2012 recante norme sugli “Impianti fotovoltaici in ambito agricolo”, ad esempio era una certezza ed una garanzia:

“Agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole non è consentito l’accesso agli incentivi statali”

Questo ha limitato il consumo di terreno agricolo e soprattutto ha evitato che qualche imprenditore agricolo smettesse di lavorare la terra per venderla o darla in uso per 20/30 anni ai produttori di energia da fonti energetiche rinnovabili (FER).

Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), strumento fondamentale della nuova politica energetica italiana, ha imposto che si raggiungessero i 114 GW di capacità produttiva da fonti rinnovabili entro il 2030, una parte da leone la dovrà ovviamente fare il fotovoltaico; e dove andremo mai a posizionare tutti gli impianti fotovoltaici di cui avremo bisogno?

Ci dicono gli esperti che i tetti italiani non bastano, ci dicono anche che le cosiddette aree idonee (ex cave, aree industriali, logistiche etc.) di recente individuazione “ope legis” neanche bastano, e poi in conclusione sibillinamente aggiungono:

 “Se solo lo 0,32% dei terreni agricoli italiani fosse coperto da impianti solari, il 50% degli obiettivi del PNIEC sarebbe soddisfatto”

Ed è così che il “Decreto Semplificazioni bis” del 2021, seguito dall’ancor più spinto “Decreto Energia” del 2022, sgretolando le limitazioni e le tutele del precedente Art. 65 del DL n°1 del 2012, porteranno lo sviluppo dell’Agrivoltaico:

“Sarà consentito l’accesso agli incentivi statali anche agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole”

mitigato per fortuna da alcune condizioni:

“purché adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra”

ed ancora:

“anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di   coltivazione   agricola   e   pastorale, anche    consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione. L’accesso agli incentivi per gli impianti di cui sopra è inoltre subordinato alla contestuale realizzazione di sistemi di monitoraggio che consentano di verificare l’impatto sulle colture, il risparmio idrico, la produttività agricola per le diverse tipologie di colture e la continuità delle attività delle aziende agricole interessate.”

il dado è tratto e che vi piaccia o no, preparatevi a vedere greggi di pecore che pascolano in mezzo a piloni di acciaio che sosterranno decine di pannelli fotovoltaici che, come girasoli, proveranno a seguire il sole fino al suo ultimo raggio, il tutto però, in barba alla qualità del paesaggio.

Probabilmente, in un recente passato, anche gli abitanti nella zona del parco eolico di “Piano del carnale” che sorge fra i comuni di Campagna e Contursi Terme o quelli di Ricigliano o di San Gregorio Magno, non hanno avuto la possibilità di decidere se accettare o meno il cambiamento del paesaggio dovuto all’istallazione di decine di pale eoliche alte 40 metri, ma oramai se ne saranno fatti una ragione..

Ci sono però, e questo va detto, anche tanti addetti ai lavori con pareri decisamente favorevoli alla integrazione sullo stesso suolo dell’azienda agricola e dei produttori di energia.

Il primo è il nostro ministro Gilberto Pichetto Fratin, che cogliendo l’occasione della presentazione della proposta di decreto agrivoltaico PNRR con l’obiettivo di installare almeno 1,04 GW di impianti agrivoltaici entro il 30 giugno 2026 dice a gran voce:

“IL decreto che incentiva l’Agrivoltaico, promuove la coesistenza nei campi dell’eccellenza agricola con soluzioni generatrici di energia pulita”

Noi a fronte di tanta sicurezza possiamo solo aggiungere la parola: “speriamo..”

È vero però che anche il settore agroalimentare deve affrontare i temi della sostenibilità, della competitività e della decarbonizzazione, essendo tra l’altro questo responsabile per ben il 7% delle emissioni totali di gas serra.

Studi agronomici stanno provando a dimostrare che l’efficienza nell’uso del suolo, in presenza di impianti sollevati con al di sotto le colture, piuttosto che diminuire aumenti.

Gli impianti inoltre offrono ombreggiatura e riparo da grandine e fenomeni distruttivi, oramai sempre più frequenti non più così rari, come le “bombe d’acqua”.

Alcune coltivazioni sembrerebbe risultino più produttive se affiancate da un idoneo impianto fotovoltaico, tra queste ci sarebbero cipolle, fagioli, cetrioli, zucchine, patate, insalata, spinaci e fave.

Studiosi tedeschi a capo di un progetto pilota a Heggelbach in Germania hanno dimostrato che l’ombreggiamento parziale dei moduli fotovoltaici ha migliorato la resa agricola, i risultati hanno mostrato un’efficienza nell’uso del suolo del 160 percento, noi tutti speriamo che sia effettivamente così.

Ci sono però delle ombre che aleggiano su tutto questo, ovvero:

Siamo veramente sicuri che questo fermento di liberalizzazione e di semplificazione normativa che sta travolgendo il settore, con la scusa di dare una opportunità al mondo agricolo, non sia piuttosto un favore alle lobby dei grandi produttori di energia?

I requisiti per istallare impianti a terra, appunto AgriVoltaici, previsti dai primi decreti figli del PNRR, sono decisamente elevatissimi per un semplice produttore agricolo.

Sorge quindi il timore che, multinazionali produttrici di energia, possano pagare tre soldi il diritto all’uso trentennale di questi terreni agricoli, per svilupparci poi sopra business milionari, vendendo quindi l’energia prodotta a peso d’oro!

Per non parlare di rischi ancor peggiori quali l’aggiramento delle norme a tutela del settore al fine di sfruttare solo gli incentivi sulla vendita dell’energia, l’esperienza delle “finte serre” degli scorsi anni, con i mega impianti fotovoltaici piazzati in testa a finte coltivazioni, qualcosa dovrebbe averci insegnato…

Concludo riportando le recenti dichiarazioni del dott. Michele Perniola, presidente della Società Italiana di Agronomia, che mi confermano di non essere l’unico a temere possibili distorsioni nel settore:

“Il rischio è che una diffusione decontestualizzata di questi impianti porti di fatto a un cambio di destinazione d’uso dei terreni agricoli, dal momento che la produzione di energia oggi permette redditi ben superiori alle coltivazioni, in quanto nella valutazione economica non vengono contabilizzati servizi ecosistemici, inclusi la qualità del paesaggio e del suolo, di cui la società beneficia senza che questi siano remunerati ai produttori”.

A cura del Dottore Commercialista Ciro Troncone

 

 

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