Si dirà che ciò era determinato dalle innumerevoli indagini giudiziarie che negli ultimi trent’anni hanno attinto un Presidente del Consiglio e un politico al quale bisogna riconoscere il merito di aver cambiato la politica in Italia (lo ha pubblicamente riconosciuto il Governatore della Puglia Emiliano su “La7”, affermando che senza l’ingresso di Berlusconi in politica non sarebbe mai diventato Sindaco di Bari con la liturgia defaticante della sinistra).
Quell’obiezione, però, può essere facilmente smentita, posto che finanche il Direttore di un quotidiano, non uno qualsiasi ma de “L’Unità”, Piero Sansonetti, ha pubblicamente riconosciuto che i continui attacchi giudiziari a Berlusconi sono stati il risultato di una vera e propria alleanza tra una parte della magistratura inquirente e una parte consistente della sinistra, dallo stesso definita giustizialista, che in tal modo avrebbe inteso sovvertire il risultato elettorale.
Anzi, il Direttore Sansonetti ha addirittura ritenuto che con questi “mezzi” una parte (per fortuna, assai minoritaria) del potere giudiziario avrebbe inteso minare non solo la divisione dei poteri, ma addirittura “sovvertire” (ricorro alla sua espressione) la primazia del Parlamento.
Del resto, in questi giorni, lo stesso Paolo Mieli, nel 1994 Direttore de “Il Corriere della Sera” al tempo in cui il giornale pubblicò in anteprima l’avviso di garanzia della Procura di Milano nei confronti di Berlusconi quando egli presiedeva un vertice internazionale a Napoli sulla lotta alla criminalità organizzata, ha reso noto non solo di non essere stato mai sentito dalla Procura di Brescia, nel corso delle indagini da questa condotte sul reato di rilevazione di segreti d’ufficio, ma, ricostruendo la scansione temporale degli eventi, ha implicitamente ammesso che la “consegna dell’avviso di garanzia”, ancor prima della notifica all’indagato, non avrebbe potuto che farsi risalire agli uffici giudiziari milanesi.
Per non parlare, poi, della condanna di Berlusconi nel 2013 da parte della Cassazione, sulla quale tanto ha detto Palamara nel suo libro, senza che lo stesso sia mai stato attinto da querela da parte dell’allora Presidente della Sezione feriale della Suprema Corte e senza che sia mai stata fatta luce sugli episodi, non certo tranquillizzanti per i cittadini, che hanno prodotto quella sentenza (da più di un giurista, anche di sinistra, ritenuta assolutamente “non spiegabile”), ed oggetto di innumerevoli articoli di stampa. Il giudizio sull’operato della magistratura e sulle condotte di Berlusconi, in assenza (forse, voluta) di ogni accertamento, resta ora affidato agli storici.
In questo contesto, probabilmente gli odiatori di professione rivolgeranno le loro attenzioni, seguite da qualche altrettanto solerte “inquisitore”, nei confronti dei componenti del Governo Meloni, nella speranza di realizzare quel ribaltone verso un governo tecnico – in contrasto con la volontà popolare, cardine di ogni democrazia –, al quale tanti aspirano nello stesso Partito Democratico.
Non mancano, per questi odiatori, le occasioni, a partire dall’abrogazione dell’abuso d’ufficio, vero e proprio reato paralizzante ogni attività amministrativa, che presenta in sé sempre un elemento di discrezionalità il quale può dar luogo a qualche indagine (nel 95% concluse con assoluzioni, ma con enorme dispendio di energie indirizzabili ad altre finalità e di risorse pubbliche), più volte invocata dagli stessi amministratori del PD, nonostante Elly Schlein. In ogni caso, però, deve riconoscersi che con la scomparsa del Presidente Berlusconi, le armi sono ormai spuntate.
Giuseppe Fauceglia