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A che punto è la notte (di Cosimo Risi)

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Il titolo è mutuato dal libro di Fruttero & Lucentini con il Commissario Santamaria, sullo schermo è Marcello Mastroianni, che indaga su oscuri delitti nella notte torinese. A che punto è la notte è l’immaginario titolo della conversazione che si è svolta presso il Centro BIOGEM in Ariano Irpino lo scorso sabato. A rispondere all’interrogativo di fondo  un esperto di affari militari ed uno di affari diplomatici.

E’ inesatto sostenere che l’Europa non conosce guerre dal 1945. Il film Oppenheimer  mostra la fine della Seconda Guerra Mondiale ed i prodromi della Terza che, se scoppiasse, porterebbe alla distruzione del Pianeta.

Proliferano i conflitti cosiddetti congelati,  si fronteggiano questo e quel paese, in Europa sorti dalle ceneri delle due grandi Federazioni: Unione Sovietica e  Jugoslavia. Dal 2022 il conflitto caldo contrappone due Repubbliche ex-sovietiche, Russia e Ucraina, per definire i termini della successione.

A tentare un paragone, sul terreno accade quanto avviene fra gli eredi litigiosi attorno al capezzale del “de cuius”. Da una parte, la Russia ambisce a ripristinare la propria centralità sull’universo già sovietico per ritrovare una parvenza di ordine al riparo dalle interferenze occidentali. Il concetto di patria è fortemente, e dolorosamente, sentito dalla popolazione che ancora celebra la Grande Guerra Patriottica.

Dall’altra parte, l’Ucraina intende salvaguardare l’integrità territoriale e, assieme, l’indipendenza. Anche in questo caso con un forte, a tratti eroico, senso di appartenenza alla Terra.

La successione si complica per l’intervento delle grandi potenze. Gli Stati Uniti sono schierati al fianco dell’Ucraina, con l’Unione europea al seguito a volte riluttante e a volte convinta. La Cina oscilla fra la “imperitura amicizia” con la Russia ed il fastidio per un conflitto che danneggia i traffici. La Repubblica Popolare fatica a risollevarsi dalla crisi economica, i numeri della crescita, sempre impetuosa, si appannano, persino la demografia arranca rispetto all’indiana.

L’India è l’altro grande soggetto ad affacciarsi sulla scena. Al G20 di New Delhi, il Primo Ministro Modi orchestra l’appuntamento per destreggiarsi fra le pressioni americane affinché prenda le distanze da Cina e Russia per ritrovare la “vocazione britannica” e il senso degli affari con la Russia. Dallo scoppio del conflitto, a causa delle sanzioni occidentali, la Russia è il principale fornitore di idrocarburi, l’India paga in rupie ad avviare il processo di “de-dollarizzazione” degli scambi che è negli obiettivi dei BRICS.

I BRICS – Brasile, Russia, Cina, India, Sudafrica – costituiscono il nuovo formato del mondo multipolare. I suoi protagonisti lo vorrebbero per rimpiazzare il vecchio unilateralismo di marca americana, che governa il mondo anche sotto il profilo ideale. I valori americani (occidentali) hanno da essere universali, chi non li rispetta è fuori. Ed invece esiste una molteplicità dei valori al pari della molteplicità dei soggetti che li applicano.

La minaccia nucleare è seria: forse non imminente ma latente. Le testate nucleari in Russia superano le americane, queste ultime dispiegate anche in paesi europei aderenti alla NATO. L’incidente, tanto per rammentare il Dottor Stranamore di Kubrick, è tragicamente possibile. L’escalation dall’arma tattica alla strategica è anch’essa possibile.

Tutti ad invocare il Mediatore. Molti si candidano al ruolo, nella segreta speranza che, a riuscire, il Nobel per la pace sarebbe automatico. Il Presidente turco qualche successo l’ha riportato. Parziale: la ripresa balbettante delle forniture di grano ai paesi affamati del mondo.

L’ONU brilla per il silenzio. I tentativi della Santa Sede cozzano sulla diffidenza dell’Ucraina: il Pontefice sarebbe sospettato di simpatie per la Russia. Eppure, certe affermazioni vaticane rasentano l’ovvio: la cultura russa è parte del patrimonio dell’umanità.

Navighiamo in mare aperto, è la conclusione amara quanto realistica. Dobbiamo sperare che i venti ci siano propizi. Un debole segnale di speranza viene dalla tragedia del Marocco. La Repubblica Islamica d’Iran non ha rapporti diplomatici con il Regno del Marocco, la sua solidarietà alle vittime è stata immediata e sentita.

di Cosimo Risi

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