La ristorazione scolastica è importante ben oltre il nutrimento (di Tony Ardito)

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Il pranzo a mensa è un momento di formazione e socialità, di sensibilizzazione contro lo spreco, di scoperta e condivisione. In occasione dell’inizio dell’anno scolastico, la Cooperativa Italiana Ristorazione (Cirfood) ha proposto una riflessione sul ruolo della ristorazione scolastica e sulla sua importanza delle mense in termini di nutrizione, educazione a sani stili di vita e valorizzazione di un consumo consapevole e sostenibile.

Effettuata con una grande rilevazione demoscopica, che ha visto la raccolta di oltre duemila questionari rivolti a bambini e genitori della scuola primaria in Italia, a offrire spunti di riflessione, è stata la ricerca Nourishing School – condotta dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, con la collaborazione di Food Policy di Milano e il supporto tecnico di Cirfood – realizzata al fine di comprendere nel dettaglio come sia cambiato il rapporto delle famiglie con il cibo durante e dopo la pandemia.

La frequentazione costante della mensa risulta essere un elemento decisivo per gli studenti per vivere positivamente il pasto a scuola e per contrastare cattive consuetudini e tendenze di consumo legate ad abitudini non propriamente salutari.

Secondo lo studio, l’esperienza e la percezione della refezione scolastica, risultano legati a una risposta emozionale positiva. Con il pranzo in mensa si riduce la neofobia alimentare, ovvero quella tendenza innata a rifiutare cibi e sapori nuovi. L’educazione al gusto deve infatti essere un impegno condiviso da tutti gli attori che ogni giorno, in classe e in famiglia, si occupano della nutrizione dei più piccoli.

Si pensi che a scuola il 29% dei ragazzi intervistati lascia sempre o molte volte cibo nel piatto, segnalando come alimenti meno graditi legumi, verdure e pesce. Le motivazioni dietro questo rifiuto sono facilmente intuibili attraverso le risposte fornite dalle famiglie alla medesima ricerca: la frequenza con cui a casa si consumano tali pietanze è limitata (solo il 38% delle famiglie consuma verdure quotidianamente) e, in particolare, lo è stata nel periodo pandemico.

Ragione per la quale le famiglie intervistate, nell’85% dei casi, sarebbero felici di poter frequentare, insieme agli insegnanti, un corso di educazione alimentare al fine di acquisire maggiori informazioni sulla corretta e sana nutrizione mediante un approccio che influenzi positivamente le abitudini dei più piccoli.

Dalle interviste è emerso che la consapevolezza ecologica dei genitori e l’attenzione alla qualità del cibo sono fattori che incidono sulla soddisfazione dei più piccoli e generano un modello di riferimento legato all’alimentazione che si riproduce nei gusti e nelle attitudini nutrizionali dei bambini fuori di casa.

di Tony Ardito

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