A seguire, alle 18 del 28 settembre, nel Salone degli Stemmi del Palazzo Arcivescovile, a Salerno, si terrà la presentazione del volume “Dal Concilio al web” del giornalista Angelo Scelzo, già vice direttore della Sala Stampa vaticana e collaboratore de L’Osservatore Romano e di Avvenire. A presiedere l’evento, saranno l’Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, S.E. Monsignor Andrea Bellandi, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, il direttore de “Il Mattino”; Francesco de Core, il professore emerito di Filosofia del diritto all’Università degli Studi “Federico II” di Napoli, Giuseppe Acocella e il direttore di “Toscana Oggi”, Domenico Mugnaini, alla presenza dell’autore e con la moderazione di Armando Lamberti, professore di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Salerno.
“Il volume Dal Concilio al web, edito dalla Libreria editrice vaticana, analizza il cammino della comunicazione della Santa Sede dagli anni del Vaticano II fino alla Costituzione apostolica Praedicate Evangelium, pubblicata da papa Francesco il 19 marzo 2022, e il recente utilizzo sempre più ampio dei social media. – annuncia l’Arcivescovo di Salerno-Campagna-Acerno, S.E. Monsignor Andrea Bellandi – Si tratta, come scritto nella presentazione dal già direttore della Sala stampa della Santa Sede p. Federico Lombardi (2006-2016), di una storia che rimane aperta, nella quale la continuità è garantita dalla fedeltà alla missione della Chiesa, di cui la comunicazione è parte integrante”.
“Dal Concilio al web”: info utili
Il volume di Angelo Scelzo, pubblicato con la prefazione di padre Lombardi, già direttore della Sala Stampa della Santa Sede, si apre con il “racconto” della riforma, dai primi passi alla fase più matura, passando anche dai momenti di crisi. Sono ricostruiti i diversi passaggi di un processo complesso e il lavoro dei vari organismi via via incaricati dell’opera di revisione verso una piena conversione digitale, accentuata dal tempo e dalle difficoltà della pandemia. Un’autentica svolta che aveva un solo precedente nel Concilio Vaticano II, quando i mezzi della comunicazione vaticana diventarono, per la prima volta, un corpus organico, consapevolmente impegnato – ognuno secondo la propria natura – a rendere la comunicazione una voce ordinaria con la quale la Chiesa sceglieva di parlare al mondo, ponendosi in sintonia con esso attraverso il nuovo alfabeto dell’opinione pubblica. Si può chiamare tradizionale, per semplice convenzione, la comunicazione che la Chiesa ha creato e portato avanti tra il Concilio Vaticano II e il dopo, fino all’avvento di Giovanni Paolo II. Ma non basta indicare come innovativa quella, in corso, della conversione digitale: occorre considerare che tra l’una e l’altra non è trascorso solo del tempo e che parlare di semplice aggiornamento porta fuori strada. Non dà in nessun modo la misura di ciò che è avvenuto.
Ne “La Penna di Pietro”, il lavoro precedente pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana nel 2013, in occasione dei cinquanta anni del decreto conciliare “Inter Mirifica”, Scelzo osservava che “i cinque secoli di distanza dalla stampa di Gutenberg al Concilio Vaticano II, non valgono in termini di innovazione e progresso, gli ultimi cinquanta anni culminati nell’era digitale e multimediale”. Nell’assetto dei media della Santa Sede, le tecnologie informatiche hanno guidato l’assalto per conto e mandato di una comunicazione non più disposta a recitare ruoli sussidiari. Non che in Vaticano fosse tenuta ai margini, ma l’onda d’urto è stata inevitabilmente più forte. Già nell’aula conciliare, come materia a sé, la comunicazione aveva fatto fatica ad essere pienamente accettata, e l’“Inter Mirifica” è stato ricordato a lungo come il documento più controverso e peggio accolto tra i testi conciliari. Nei suoi confronti, ha continuato fino all’ultimo a farsi sentire la fatica del lungo cammino alle spalle, pur non privo di momenti di straordinaria efficacia. Ecco allora profilarsi il bivio, con la crisi dell’ordine sparso della vecchia comunicazione e delle sue strutture indipendenti: la Radio Vaticana, “L’Osservatore Romano”, la Sala Stampa vaticana e poi gli organismi, il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, la Libreria Editrice Vaticana e l’agglomerato digitale come impasto delle diversità, un melting pot sotto le bandiere transnazionali del web. Per i media vaticani, dunque, non un cambio di strategia, ma di vita.
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