12 ottobre: lavoratori in sciopero in tutta la provincia di Salerno per “salvare la riabilitazione”

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Sarà sciopero. La decisione è stata presa, la data decisa: 12 ottobre. Uno sciopero per “salvare la riabilitazione della Asl Salerno, per evitare la sua distruzione”. Parole forti. Le rende ancora più esplicite il segretario generale della UIL Fpl Salerno Gennaro Falabella. “Siamo alle porte di una possibile tragedia sociale che non riguarda solo i lavoratori ma tutti i cittadini e l’intero sistema sanitario della provincia di Salerno. In troppi fanno finta di non capirlo ma se non cambiamo le cose andremo a sbattere contro un muro. Non lo vogliamo”. Per questo a incrociare le braccia giovedì 12 ottobre saranno gli operatori dei centri di riabilitazione cosiddetti ex art. 26. Sono quei centri in cui vengono curati malati con disabilità fornendo prestazioni riabilitative a livello residenziale, semiresidenziale, ambulatoriale e domiciliare. Strutture sanitarie ad alta professionalità che si fanno carico anche di malati spesso gravissimi, con patologie complesse e totalmente invalidanti, come cerebrolesi, neuropatici, persone affette da deficit sensoriali e così via. “I più fragili tra i fragili” come vengono definiti. In queste strutture operano medici, educatori, terapisti, psicologi. Un settore in cui la provincia di Salerno rappresenta da sempre un’eccellenza, con una tradizione di antica data. Ora, secondo il sindacato tutto questo capitale sanitario, sociale, professionale, rischia di essere distrutto.

Perché? “Il quadro generale – risponde Falabella – è quello di una riabilitazione di cui sembra non importi nulla a nessuno. Basti pensare che solo per il residenziale sono stati tagliati fondi per 2,2 milioni e che la Asl Salerno riceve dalla Regione 5 milioni in meno di quelli che le spettano. Ma ora la situazione si aggrava ulteriormente fino al rischio di collasso”.

Sono tre i punti al centro dello sciopero. 

Il primo punto è la volontà di trasformare i centri di riabilitazione qualificata in RSA, ovvero in strutture dove secondo il sindacato – ma anche associazioni, famiglie, medici – quel tipo di malati non potrebbe avere le cure di cui ha bisogno. Il passaggio in RSA significa automaticamente licenziamenti, perché serve meno personale dato che l’assistenza ai pazienti è inferiore di oltre il 50%.

Il secondo punto è un cambio di parametri da parte della ASL nella valutazione del personale che ogni struttura deve avere. Si legge in una nota del sindacato: “Hanno cambiato le regole in corsa. Fino a poche settimane fa il personale era indicato e approvato dalla ASL con criteri che hanno determinato le capacità operative di ogni centro, ora invece, contraddicendo anche le normative, per le verifiche annuali si adottano altri criteri mai adottati prima. Così si dovrebbero licenziare figure indispensabili, anche appena assunte su indicazione della Asl, e assumere personale che non serve. Un caos disastroso sia per lavoratori che per i pazienti”.

Il terzo punto riguarda gli educatori. “Solo poche settimane fa – si legge nello stesso documento sindacale – la ASL considerava gli educatori professionali nelle Capacità operative. Ora invece dice che gli educatori che non sono iscritti all’albo di educatori sanitari non possono operare quali educatori”. “Questo significa – spiega Falabella – non solo decine di persone sulla strada che non potranno più lavorare ma anche lo smantellamento del servizio, perché gli educatori sono indispensabili ma di iscritti all’albo ce ne sono veramente pochi. Tutto il sistema, anche quello delle RSA, andrebbe in tilt”.

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