In un anno di Governo Meloni, l’Italia è rimasta agganciata al carro della lealtà atlantica, la si misura alla stregua degli aiuti accordati all’Ucraina e, per converso, della faccia feroce alla Russia. In campo sportivo qualche spiraglio si sta aprendo alle compagini russe e bielorusse, lo sport si situa a volte, e felicemente, extra ordinem. Nei Settanta il disgelo fra Stati Uniti e Cina Popolare cominciò con un torneo di ping-pong.
Vari sono i punti in agenda. Il primo riguarda le migrazioni. Il numero dei migranti illegali in Italia cresce in misura tale da smentire le promesse che furono alla base della vittoria elettorale. Bloccare gli arrivi era complesso allora come ora, la terapia era presentata a portata di volontà politica, ora che la volontà politica c’è, i numeri sono più ostinati.
Roma critica il ritardo europeo nella valutazione olistica delle migrazioni. Per valutazione olistica s’intende il considerare tutti gli elementi alla base del fenomeno: anche il rapporto con i paesi di origine e di transito dei migranti. Il Piano Mattei sarebbe la via maestra: aiuti ai paesi terzi perché, in cambio, disincentivino i potenziali migranti con politiche di sviluppo. Solo che la cooperazione allo sviluppo è praticata dall’Unione con risultati non sempre esaltanti. Gli stanziamenti europei non sempre bastano, le autorità locali non sempre spendono a favore delle popolazioni.
Nel 2016 funzionò l’intesa paese per paese con la Turchia perché trattenesse i profughi siriani. Non sta funzionando con la Tunisia. Le dichiarazioni ottimistiche di luglio, a seguito della missione di Giorgia Meloni e Ursula e von der Leyen da Kais Saied, sono contestate dalla Commissione come collegio. Il memorandum d’intesa con la Tunisia ha bisogno del consenso degli stati membri in buona e debita forma, non basta la firma della Presidente della Commissione. Il pacchetto non è erogato, la Tunisia continua a non controllare gli imbarchi.
I rimpatri sono difficoltosi e costosi. Occorre che il paese terzo di provenienza li accetti, non sempre quello ha interesse a farlo. I migranti espulsi restano in Italia o cercano la via di fuga verso l’Europa continentale. Di qui le frizioni con gli stati membri di ultimo approdo.
Il nuovo Patto sull’immigrazione e l’asilo è stato a lungo discusso in seno al Consiglio Giustizia e Affari Interni e, per quanto blando, incontra le riserve di Polonia e Ungheria, e cioè dei Governi più vicini politicamente al nostro.
Il Governo italiano ritiene che l’Europa remi contro. Esponenti della maggioranza dichiarano che la Germania vorrebbe invaderci la seconda volta con i migranti, la prima volta fu con le armi nel 1943. Costoro omettono di ricordare che, fino all’armistizio, eravamo alleati del Terzo Reich e firmatari delle leggi razziali. E poi il buon gusto di rilasciare dichiarazioni del genere mentre il Presidente tedesco Steinmeier onora a Montecitorio la memoria di Giorgio Napolitano.
La Germania finanzia con soldi pubblici le navi ONG perché traghettino i migranti non verso il paese di bandiera, ma verso il porto più vicino: nel Sud Italia. La solidarietà umanitaria a spese altrui ha i suoi vantaggi. Come invitare l’amico al bar e lui paga la consumazione.
La politica economica europea è l’altro punto controverso. A Bruxelles si sta negoziando la revisione del Patto di stabilità e crescita. Le proposte della Commissione sono all’insegna della flessibilità, con un approccio caso per caso. La Germania si riserva, preferisce un sistema di regole rigide come in passato. Per l’Italia, che continua a macinare primati di debito pubblico, il ripristino della rigidità sarebbe nocivo.
Si pensa di scambiare la ratifica italiana del MES, il meccanismo europeo di stabilità, con le facilitazioni del Patto. La Germania non intende ricorrere al MES e dunque non subisce le pressioni sul punto specifico. In filigrana s’intravede una ragione più profonda della divergenza con Berlino: l’atteggiamento del Governo arcobaleno verso la destra dell’AFD, il partito con cui la Lega simpatizza.
Il Presidente Macron chiede alla Presidente Meloni di sostenere il secondo mandato di Ursula von der Leyen: entri così nella cosiddetta maggioranza Ursula che la elesse nel 2019. Fratelli d’Italia dovrebbero cambiare schieramento rispetto al passato e rispetto alla Lega. Un passaggio non da poco.
di Cosimo Risi
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