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I frutti avvelenati di Hamas (di Giuseppe Fauceglia)

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In questi giorni le nostre coscienze sono state stravolte dalle terribili immagini degli eventi che hanno insanguinato la terra di Israele e la Striscia di Gaza, con i bambini sacrificati sull’altare dell’assurdità della guerra. Mi pare, però, che, anche con riferimento all’opinione pubblica del nostro Paese, non siano stati adeguatamente approfondite alcune tematiche, sì che tutto si risolve nel solito tifo da “curva nord”.

Un primo dato mi pare indiscutibile: Israele, che resta il solo esempio in Medioriente di stato democratico, si contrappone a Hamas, che è formazione terroristica consolidatasi su un territorio, quello della Striscia di Gaza, con il sostegno militare e finanziario dell’Iran. Da ciò consegue che mentre le azioni terroristiche di Hamas si muovono su un terreno che non richiede alcuna giustificazione, le conseguenti reazioni di uno Stato democratico subiscono la valutazione delle opinioni pubbliche nazionali, anche in termini di consenso elettorale, e internazionali.

Sostanzialmente, dovremmo avere ben chiaro che il terrorismo di Hamas, finalizzato non già alla tutela degli interessi legittimi dei palestinesi ma alla distruzione dello Stato di Israele, non richiede alcuna legittimazione, se non quella della pura violenza.

Non possiamo dimenticare che esistono forme diverse, sia pure esecrabili, di terrorismo: una cosa è aggredire soldati in armi (l’esempio è quello dell’IRA in Irlanda), altra è uccidere giovani che partecipano ad un rave, tagliare la testa ai bambini, violentare e bruciare vive le donne o rapire ostaggi da sacrificare.

Inoltre, nessuna persona che abbia il minimo di conoscenza storica può seriamente pensare di sconfiggere con il terrorismo lo Stato ebraico, non ci riuscì, per quanto radicata tra la popolazione, l’ETA contro il regime di Franco o i montoneros in Argentina contro la giunta Videla o il terrorismo russo in opposizione al regime zarista.

Come osserva Ernesto Galli della Loggia in un interessante articolo su il “Corriere della Sera”, la stessa lotta contro il colonialismo francese in Algeria non ha trovato successo nel terrorismo urbano, quanto nella mobilitazione di massa che il Fronte Indipendentista riuscì ad organizzare, oltre che nelle simpatie dell’opinione pubblica francese.

Vi è un altro argomento che i sostenitori di Hamas, anche quelli in Italia, omettono di considerare, è che a Gaza i terroristi hanno sistematicamente assassinato i palestinesi moderati, condannando il movimento palestinese a concepire il terrore come unico strumento di lotta.

Di conseguenza, la “questione palestinese”, nei suoi termini reali, non c’entra nulla con il terrorismo sanguinario, anzi in dipendenza di questo è sconfitta nei suoi stessi progetti. Proprio gli eventi terribili di questi giorni allontanano la prospettiva del popolo palestinese di avere una leadership all’altezza della situazione e non già una combriccola di politicanti vecchi e corrotti, come la cosiddetta Autorità palestinese.

Del resto, se ragioniamo correttamente, il sostegno dell’Iran ad Hamas (per quanto non esplicitato) resta finalizzato a sabotare il processo di pace (troppo propagandato in anticipo) perseguito dagli USA e dagli altri Stati della Regione e la stessa terribile strage dell’Ospedale di Gaza (di cui restano ancora incerte e controverse le responsabilità) ha allontanato ogni prospettiva diplomatica di risoluzione della crisi in atto.

Dobbiamo, allora, ragionare in termini di “utilità” della strategia terroristica, che, da una parte, è diventata strumento di ogni Stato che per propri scopi ha interesse a sabotare i tentativi di pace, e, dall’altra, ad eccitare, fino alle estreme conseguenze, l’antagonismo delle masse arabo-islamiche.

In realtà, nella sua selvaggia strategia Hamas vuole una sola cosa: la pura e semplice eliminazione dello Stato di Israele e dei suoi abitanti e, nel contempo, la cancellazione di ogni aspirazione del popolo palestinese. Di questo irrealizzabile progetto, anche i nostrani sostenitori della causa palestinese dovrebbero rendersi conto.

Giuseppe Fauceglia   

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