Il governatore ha parlato con il conduttore David Parenzo dei temi legati al suo libro, «Nonostante il Pd. Fra partito fluido, Pnrr al palo, Sud tradito e passioni tristi», sottolineando che «De Luca è stato eletto dai campani con il 70 per cento dei voti. Il problema è che il gruppo dirigente del Pd è fatto per l’80 per cento – salvo eccezioni rispettabilissime – da anime morte, che non rappresentano nulla né sul piano territoriale né sul piano sociale e spesso neanche dal punto di vista grammaticale e della sintassi. Un partito autorevole deve avere un gruppo che rappresenta qualcosa, non che rispetti equilibri tra correnti. Una democrazia solida ha bisogna di un’opposizione solida. Il Pd deve essere una grande comunità nazionale di militanti e amministratori, in grado di affrontare i problemi dell’Italia, Paese che conosce fratture sociali di vario genere. Un Paese in sofferenza che ha bisogno di grande partito e di una grande coalizione progressista e riformatrice».
Sul caso Giambruno dice: «Sono solidale con Giorgia Meloni. Una donna in Italia fa fatica a trovare uomini solidali. Siamo miserabili noi uomini, diamo per scontato il sostegno delle donne quando siamo noi a ricoprire determinate cariche e e poi non capiamo l’impegno di una donna in politica». Poi chiude: «Per il resto Giambruno non è Monica Bellucci».
«Nonostante il Pd»
Il governatore campano poi è tornato sul suo partito e sulle ultime dichiarazioni di Elly Schlein: «Il Pd deve parlare agli ultimi? E ci mancherebbe altro. Il Pd ha un radicamento nel mondo del lavoro e della povera gente. Ma il problema del Partito Democratico e che non possiamo agitare bandiere identitarie per poi verificare che il governo lo guidano gli altri. Non basta dire: “Noi rappresentiamo gli ultimi”. Questo è il punto di partenza, ma poi bisogna parlare alla parte maggioritaria dell’Italia, Altrimenti Giorgia Meloni governerà per altri venti anni». E poi: «Dobbiamo affrontare argomenti mai toccati dal Pd, partendo dalla sburocratizzazione radicale del nostro Paese. Non è possibile vivere in un Paese nel quale ogni iniziativa positiva viene frenata da una palude burocratico-amministrativa-giudiziaria francamente sconcertante. Dobbiamo parlare ai ceti produttivi, alle imprese, una parola quasi scomparsa dal nostro linguaggio.
Dobbiamo parlare di sicurezza, un bisogno umano primario, anche e soprattutto per la povera gente e per chi vive nei quartieri popolari. Dobbiamo affrontare i temi dei diritti civili, non in termini ideologici, arrivando a rompere anche con il mondo cattolico come accaduto in questi mesi e in questi anni. Dobbiamo parlare del sud, dove da un anno e due mesi non arriva un euro. Dobbiamo parlare di salario minimo, ma non in maniera ideologica. È chiaro che il governo non vuole cambiare niente. Noi dobbiamo pretendere il salario minino ma affrontando il tema con decisione, perché una proposta non meditata rischia ad esempio di fare saltare tutto il sistema dell’apprendistato, visto che i salari per gli apprendisti sono di 7 euro. Così si rischia di determinare un’esplosione del lavoro nero. Sono temi delicati, che vanno affrontati con grandi misure ed equilibrio, per sconfiggere chi non vuole fare niente».
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