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De Luca e il Pd: anomalia da combattere piuttosto che esempio vincente da seguire

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Il dibattito su Vincenzo De Luca e sul terzo mandato alla Regione Campania, continua a tenere banco, ancor più dopo l’uscita del libro del governatore, dal titolo “Nonostante il Pd“, dividendo il partito, tra favorevoli e contrari all’ex sindaco di Salerno.

Sul tema, di strettissima attualità, abbiamo ricevuto via mail la riflessione-recensione di una lettrice di salernonotizie.it, che pubblichiamo, nell’intento di offrire uno spazio per il confronto democratico tra tesi e argomentazioni divergenti.

Di Vincenzo De Luca si può dire tutto, fuori che sia uno che le manda a dire. Diretto e frontale, spesso sfrontato, il governatore alle perifrasi e alle mezze misure, preferisce la chiarezza e la crudezza della singolar tenzone. E ne ha dato ampia dimostrazione.

Come in un videogame in cui il supereroe, affrontandoli uno ad uno, fa strame dei suoi avversari, così il numero uno della regione Campania, non teme lo scontro con chi, in forza di discutibili motivazioni, tenta di intralciarlo o addirittura di travolgerlo per collocarlo fuori gioco, e toglierselo dalle scatole, per non dire altro.
Ne sa qualcosa la pasionaria Rosy Bindi, che tentò di sporcarne l’immagine sulla scorta di risibili fattispecie penali, salvo sentirsene dire di tutti i colori: giusta reazione di un uomo ferito con attacco proditorio.
E ne sanno qualcosa, prima ancora che i detrattori di sponda opposta, i colleghi di partito, sempre pronti a regalargli dosi crescenti di odioso “fuoco amico”.

Proprio a questi ultimi, sembra rivolgersi la prima fatica letteraria, a tema eminentemente politico, che il governatore ha dato alle stampe in questi giorni.

Titolo evocativo: “Nonostante il PD“.

Già, il PD, il suo partito, che lo tratta un po’ come Roma fece con Scipione l’Africano. Collocandolo tra le anomalie da combattere, piuttosto che tra gli esempi, vincenti, da seguire.

La Vittoria, familiare a De Luca/Scipione, sconosciuta ai Soloni nuovi e antichi che con attrazioni diverse animano la corte della nuova segretaria, Elly, sembra essere il nervo del contenzioso polemico.

De Luca, infatti, non si capacita di come sia possibile che la perla rara rappresentata da chi porta a casa la pagnotta, cioè la vittoria delle elezioni, possa essere oggetto di spinte che tendono a riporla in naftalina, invece di entusiastiche ammirazioni, protese ad una sua ostentazione perché tutti possano trarne ispirazione.

Si chiede, a giusta ragione: ma un partito politico le elezioni dovrebbe puntare a vincerle o a perderle?
E ancora: se hai uno che vince e ti fa vincere, peraltro in controtendenza alla imbarazzante, generale inclinazione, lo sostieni nella battaglia per il terzo mandato, oppure, prima ancora che lo facciano legittimamente i suoi avversari, lo fiacchi agitando gli echi di una intimazione di sfratto dal sapore tutto burocratico per assecondare l’Elly pensiero?

La risposta sarebbe fin troppo facile, ma non lo é. Perché, mai come in questo caso, il verbo del generale Vannacci, che pure De Luca stigmatizza con toni sferzanti, sembra aver fatto breccia, con effetto ante litteram, nelle stanze del Nazareno, dove tutto gira al contrario. Squadra che vince non si tocca, recita una proverbiale locuzione di matrice calcistica. Ma non é vero nel PD, dove, visti gli atteggiamenti, il motto più appropriato sembra essere: “sotto a chi perde”! Roba da matti, da mondo sottosopra, appunto.

Ed allora nessuno si scandalizzi se l’ex sindaco di Salerno sfodera tutto il suo più irriverente armamentario triviale per menare fendenti verbali al manipolo di pseudo dirigenti che ne pianificano l’uscita di scena: Imbecilli! Tuona il governatore. E, diciamola tutta, sembra averne molto diritto, sacrosanto diritto. Perché, per carità, non è che suggerimenti e indirizzi, anche con tasso censorio, se del caso, non debbano riguardare pure De Luca.

In una comunità politica si sta con pari dignità: tutti devono poter far tutto, fatto salvo il merito.
Tutti devono accettare rimproveri e correzioni. Ma resta difficile immaginare che la missione di un partito sia quella di perdere le elezioni ogni volta che si può. O, se si preferisce, dare il benservito a chi almeno alimenta la ragionevole speranza di poterle vincere. Questo non c’entra con la politica e con le sue crude ed indefettibili leggi. Questo è mero esercizio di stupidità. E De Luca fa bene a denunciarlo con vigore.

Ah, Machiavelli, idolo dei politici, degni d’essere chiamati tali, di mezzo mondo: perché il tuo pensiero non riecheggia nelle coscienze di chi regge la tolda di comando del PD? Perché tanta aridità strategica e miopia politica? Non sapremo mai quali sono i mali oscuri che accomunano i dirigenti del PD, consegnandoli ad un precoce istupidimento votato all’amore malsano per la sconfitta.

Ma sappiamo che una ricetta per guarirli esiste, ed ha il volto e la tenacia leonina del presidente De Luca.
Se si si vuole restare aggrappati ad un’ ancora di speranza che tracci la strada perché un domani la vittoria possa di nuovo fare capolino in zona Nazareno, allora tocca puntare sul governatore campano, ed estenderne il modello che rappresenta. Perché é l’unico che vince, che sa come farlo, che può far tornare a vincere il PD. Nonostante il PD, appunto. Leggere, per credere.

Il diario di bordo, per una rotta sicura, ora c’è. Consiglio accorato a tutti gli amici del PD: leggiamo questo libro, ed evitiamo il naufragio“.

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