Il tasso di mortalità evitabile – che ci colloca al settimo posto con 146 decessi per 100mila abitanti – è ampiamente al di sotto della media. Contraddittoria invece la situazione relativa al personale; abbiamo tanti medici, ma una profonda carenza di infermieri: i primi sono 4,1 ogni mille abitanti (sopra la media che è 3,7), mentre i secondi appena 6,2 ogni mille (in questo caso la media è addirittura 9,2).
Bassa è la spesa sanitaria: 4.291 dollari pro capite, sotto la media di 4.986 dollari. Il tema è che gli altri grandi Paesi europei impiegano quasi il doppio delle risorse pro capite. La Germania 8mila dollari e la Francia 6.630. Siamo appaiati alla Spagna, che spende invece 4.432 dollari.
Stessa situazione in rapporto al Pil: il nostro Paese destina il 9% del prodotto interno lordo alla sanità. Poco sotto il 9,2% della media, ma di nuovo profondamente lontana dal 12,7% di Berlino o dal 12,1% di Parigi.
E ancora, l’8,1% di popolazione sopra i 15 anni in condizioni di povertà relativa alla salute, non è in grado di provvedere dignitosamente ai propri disturbi e alla prevenzione necessaria (la media è 7,9%); un dato relativamente confortante e da ridurre sensibilmente.
In Italia il 63% dei farmaci, esclusi quelli impiegati durante i ricoveri e nelle strutture sanitarie, è di fatto pagato dallo Stato, sopra la media del 58%, con una spesa pro capite di 692 dollari. I cittadini ci mettono il rimanente 37%.
In merito ai farmacisti, lungo lo Stivale il numero pro capite è di 128 per 100mila abitanti, siamo il terzo Paese Ocse: ce ne sono di più solo in Giappone e in Belgio. Le farmacie sono invece 33 per 100mila abitanti, anche in questo caso sopra la media che è di 28.
Male per ciò che concerne l’utilizzo dei più economici farmaci generici: costituiscono solo il 27% di quelli venduti rispetto a una media Ocse del 54%. Una forchetta legata pure alla mancanza di incentivi per i medici e alla mancanza di fiducia dei consumatori, del tutto ingiustificata.
di Tony Ardito
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