Ho più volte scritto che questo agnosticismo civico è il risultato dell’assenza di una vera borghesia intellettuale ed industriale, in qualche modo autonoma rispetto al potere politico ovvero capace di sollecitare la pubblica amministrazione in una progettualità globale che riguardi lo sviluppo della città. In questi decenni abbiamo assistito alla occupazione militare di tutti gli enti, con una promozione delle fedeltà piuttosto che delle competenze.
Come non iscrivere in questo disegno, ad esempio, la paventata sostituzione, che leggo dai giornali, di un architetto professore universitario ed esperto nella programmazione edilizia, quale assessore all’urbanistica, con un giovanotto che nel suo curriculum può solo indicare la militanza in un partito o, meglio, l’appartenenza ad un gruppo di potere ben identificato.
In questi anni sono state lasciate per strada intelligenze vivissime e competenze, che invece sarebbero state, a prescindere dall’appartenenza, utilissime per lo sviluppo di una città, ormai ripiegata su una quotidianità ricca di problematiche a tutti evidenti.
Mi chiedo, allora, se questo trend non possa essere cambiato, se non è possibile recuperare uno spazio per un apporto disinteressato al dibattito pubblico, senza che dietro si celino pure legittime aspirazioni politiche, insomma superare quell’indifferenza sulla quale si fonda un sistema autocratico e autoreferenziale.
In questi giorni mi è stata recapitata allo studio una lettera anonima, il cui autore è stato già individuato da un mio collega universitario esperto di psichiatria forense (con le tecniche che interpretano lo scrivere) in un leone da tastiera che era già intervenuto sulla mia pagina facebook (ponendo a confronto gli scritti e rilevandone palesi omogeneità espositive), nella quale si pone a confronto il leone “Padrone” con i moscerini dell’opposizione.
A parte la valutazione sul basso tasso di intelligenza dell’anonimo grafomane – che evidentemente non ha altra occupazione – resta evidente che gli difetta l’acume di considerare il fatto che la cittadinanza attiva implica il concorso di opinioni o di soluzione dei problemi, nello sviluppo di quella dialettica che è il sale della democrazia.
A parte l’idiozia manifestata e coperta dall’apparente anonimato, il dato che mi preme rilevare è proprio l’assoluta mancanza di percezione del valore della partecipazione. E’, però, questo il segno di un conformismo che ormai ci attanaglia, come società civile, ma che non può oscurare il lento ma progressivo affermarsi della volontà, ormai diffusa nella pubblica opinione, di superare il grigiore dell’esistente, il perpetuarsi per lunghi decenni di una sola “voce” e di un pensiero unico, che nel suo risultato finale ha condotto la città nelle condizioni disastrate dell’oggi.
Ritornando alle mie riflessioni crepuscolari, mi pare che non ci si può sottrarre dal dare il proprio, sia pure modesto, contributo alla vera rinascita di questa città. E’ un impegno che dobbiamo anche ai giovani e alle future generazioni, risvegliando le addormentate coscienze sprofondate nella indifferenza anche di fronte a quanto emerge da recenti indagini giornalistiche, a partire dalle condizioni in cui versa il nostro ospedale, già oggetto di denunce di qualche consigliere dell’opposizione (checché ne dica qualche disattento direttore di testata) e di articoli tratti dalla bella penna icastica di Michelangelo Russo sui quotidiani locali.
Giuseppe Fauceglia