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Danza, la “Questione di gender” di Malangone il 26 al Museo Map a Pontecagnano

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Ispirato a “Voi non sapete cosa è l’amore” di Raymond Carver, il dibattito sugli stereotipi legati al dualismo di genere diventano coreografia. E per diffondere ancora di più e meglio la tematica quanto mai attuale, i palcoscenici diventano due.

Collective Trip – una questione di gender, titolo-contenitore del progetto di Claudio Malangone per la sua compagnia Borderline Danza sarà ospite, prima, il 23, alla VII edizione del Most Moving Stories, Festival durante il quale prestigiose compagnie nazionali si avvicendano sul palcoscenico di Lastra a Signa (Firenze) e poi, il 26 al Museo Map di Pontecagnano. La data, promossa dall’amministrazione comunale, non è casuale e cade in concomitanza con la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

«Questo spettacolo nasce col desiderio di indurre una riflessione sull’uguaglianza, sulle pari opportunità di genere, sulla valorizzazione delle differenze.

Lo stato di riflessione lo induciamo attraverso un questionario anonimo, non vuole essere uno studio scientifico o statistico, ma semplicemente una modalità intuitiva e funzionale per poter fornire spunti di riflessione e di analisi critica sulla reale comprensione del problema.

Questa modalità di coinvolgimento a nostro parere permette non solo di analizzare la situazione ma anche di viverla, sperimentarla, divenendo un momento di importante coinvolgimento emotivo», spiega Malangone che firma il concept e la regia della performance, che mira ad abbattere le etichette che ci vengono attribuite.

Partendo dalla necessità di esplorare, verificare e mettere in pratica nuovi modi di composizione e messa in scena, i performers, (Alessandro Esposito Antonio Formisano Pietro Autiero, Adriana Cristiano Maite Rodgers, Giada Ruoppo e il pubblico che desidera intervenire) affronteranno il tema del gender, della trasformazione, dell’amore con lucidità e ambiguità attraversando significati e sensazioni e cercando di mettere in discussione ciò che si prova e le certezze di chi osserva.

Prima di accomodarsi in poltrona, verrà chiesto allo spettatore di compilare un questionario anonimo, che non vuole essere uno studio scientifico o statistico, ma semplicemente una modalità intuitiva e funzionale per poter fornire spunti di riflessione e di analisi critica sulla reale comprensione del problema. Una serie di video didattici introducono allo spettacolo preparando alla visione di alcune fra le innumerevoli etichette che oggi giorno vengono usate per discriminare gli orientamenti sessuali e le dissidenze di genere. Gay, lesbica, eterosessuale, transgender, poliamoroso, bisessuale, sono solo alcuni dei termini trasmessi sullo schermo con la stessa “violenza” con la quale spesso vengono adoperati. Ma ne conosciamo il reale significato?

Il dualismo di genere e le diverse sfaccettature che assume nella vita di tutti i giorni sono il focus della messa in scena, laddove le considerazioni di Malangone sul tema prendono forma attraverso i corpi dei performer, i loro gesti e atteggiamenti.

Contemporaneamente, costante, è il dialogo con il pubblico, che non è chiamato solo a riflettere, né a giudicare, ma ad ascoltare, interpretare, sensazioni, storie, vissuti. Per loro un percorso visivo, immersivo, nel quale partecipa attivamente alla realizzazione della performance, guidato da mp3, collocandosi come in una esposizione all’interno dell’area performativa.

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