Nato il 18 dicembre, Turetta si avvicina ai 22 anni in un contesto drammatico. Arrestato in Germania il 20 novembre, affronta accuse gravi: omicidio volontario aggravato, sequestro di persona e occultamento di cadavere, con possibili aggravanti di premeditazione e crudeltà. Emergono elementi inquietanti: l’acquisto online di nastro adesivo usato nell’omicidio, e le pressioni psicologiche e ricatti subiti da Giulia dopo la fine della loro relazione. Le indagini, coordinate da Petroni, si basano su prove concrete, tra cui i coltelli rinvenuti e le testimonianze delle amiche di Giulia, che rivelano il crescente senso di ansia e paura vissuto dalla ragazza.
L’interrogatorio ha evidenziato un quadro disturbante. Turetta, parlando di “amore“, esercitava un controllo ossessivo su Giulia, arrivando a minacciare il suicidio in sua assenza. Le testimonianze confermano come la ragazza fosse oggetto di pedinamenti e pressioni. La sera dell’omicidio, Giulia aveva acconsentito a una cena a Marghera, non immaginando le tragiche conseguenze. La prima aggressione è avvenuta nel parcheggio a Vigonovo, seguita da ulteriori violenze che hanno portato alla morte di Giulia.
Una telecamera di sorveglianza ha catturato le fasi finali dell’aggressione. Le immagini mostrano una Giulia disperata, cercando di sfuggire, prima di essere colpita e caricata sull’auto da Turetta. Il corpo della ragazza, ormai senza vita, è stato poi abbandonato da Turetta a centinaia di chilometri di distanza. Queste immagini sono diventate una prova chiave nell’inchiesta, aggiungendo un livello di concretezza ai racconti e alle dichiarazioni.
Questo interrogatorio rappresenta un momento cruciale nelle indagini sull’omicidio di Giulia Cecchettin. Le ore trascorse con il pm Petroni hanno messo in luce non solo i dettagli del crimine, ma anche la complessità psicologica dell’accusato, Filippo Turetta. La giustizia ora procede, cercando di fare luce su uno dei casi più scottanti e dolorosi della cronaca italiana recente.