«La scelta, evidentemente miope dal punto di vista culturale, è probabilmente strategica. Forse all’amministrazione regionale e comunale interessa il degrado della struttura in modo da espellere il museo e probabilmente abbattere quella struttura per costruire un altro palazzone.
La politica del mattone tra strutture pubbliche e private sembra essere l’unica strategia di un’amministrazione interessata più al saccheggio del territorio che al suo sviluppo. Ahi! Povera Salerno! – ha aggiunto la consigliera – Non più terra di memoria e di storia, ma di bancarelle e colate di cemento.
E i cittadini salernitani? Quando troveranno la forza di indignarsi e rivendicare la restituzione della città ai suoi antichi splendori? Quando si vuole annientare un popolo se ne cancella la memoria. La violenza con cui si sta conducendo questa operazione di espulsione del museo dello sbarco dal tessuto cittadino ricorda quella del rogo di Berlino del 10 maggio 1933, quando furono bruciati più di 25000 volumi di autori considerati nemici della patria. Distruggere il museo dello sbarco è un’operazione simbolica che ci ricorda quanto sia pericolosa e devastante la deriva totalitaria in ogni tempo e in ogni luogo».
Nel museo, tra le altre cose, ore e ore di filmati dell’epoca, una vasta collezione di reperti, tra cui uniformi, elmetti, bombe e una funzionante Jeep Willys delle forze armate Usa; all’esterno, un carro armato Sherman della Us. Army che ha combattuto nei giorni dello sbarco, un ponte di barche, unico al mondo in ottime condizioni, utilizzato per attraversare i fiumi con uomini e mezzi.
Chiude il tragitto la sezione su Salerno Capitale, con documenti e immagini del periodo, che ricordano i tre governi succedutisi nel capoluogo, la collaborazione tra le diverse forze politiche e gli atti ufficiali che posero le basi per la futura Costituzione e la rinascita dell’Italia democratica.