Ospedali in ginocchio da Nord a Sud, in particolare in Lombardia, Piemonte, Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Toscana e Sicilia: sono queste le realtà sanitarie che vivono le emergenze più gravi.
Decine e decine sono i pazienti in coda nei pronto soccorsi, molti per un semplice controllo, classificati con un codice non grave, arrivano ad attendere anche 24 ore per un esame, per una visita. Il panico in troppi casi regna sovrano, anche ingiustificato.
Sono tanti, troppi coloro che bypassano il medico di famiglia, nella speranza di essere subito sottoposti a controlli nei pronto soccorsi, quando in molti casi potrebbero curarsi a casa.
I casi gravi ci sono, per carità, l’influenza non può essere certo sottovalutata: in territori come il Lazio si arriva a cifre allarmanti, stiamo parlando di oltre 1000 malati in attesa di ricovero. Perché, di fatto, per chi ha bisogno davvero delle cure ospedaliere, il posto letto oggi non c’è.
In Campania, a Napoli, il San Paolo e il Cardarelli, sono letteralmente in ginocchio da tempo.
Tutto pesa maledettamente sulle spalle dei professionisti sanitari, i pochi rimasti sul campo, sia chiaro, perché tra carenza strutturale dei singoli territori e infermieri e medici che “si ammalano come gli altri comuni mortali ”, la situazione rischia solo di peggiorare di ora in ora.
Gli esperti del Ministero della Salute, confortati dai report dell’Istituto Superiore della Sanità, non hanno dubbi. Si tratta del peggior ceppo influenzale dell’ultimo decennio.
A farne le spese, come da prassi, sono i bambini, gli anziani e i soggetti fragili.
«Non è finita certo qui, le indagini che seguiamo di ora in ora non ci confortano. Il picco dei contagi deve ancora arrivare. No, non siamo di fronte al Covid, ma di fronte a una influenza che colpisce le vie respiratorie e che diventa pericolosa anche per la vita stessa, in particolare nei casi di patologie pregresse.
Con la riapertura delle scuole, poi, i casi sono destinati ad aumentare, lo dimostra il fatto che, oltre ai pronto soccorsi, ad andare in tilt, potrebbero essere ancora i reparti di pediatria.
«E’ evidente che si tratta di una influenza particolarmente aggressiva, continua Antonio De Palma, ma non siamo certo di fronte ad una nuova pandemia. Potremmo e dovremmo dire per fortuna, eppure la realtà delle cose non cambia. Il nostro modo di fronteggiare le nuove sfide sanitarie non muta, anzi paradossalmente peggiora.
Nel senso che non siamo pronti a gestire l’emergenza in maniera ottimale, questo è davanti agli occhi di tutti.
Strutture ospedaliere vetuste, con posti letto insufficienti. E poi quella carenza di personale che rappresenta una spada di Damocle a cui ormai dovremmo essere abituati, ma che, sia chiaro, va ricordato, rappresenta la peggiore piaga della nostra realtà sanitaria.
Provate a immaginare, allora, cosa potrebbe accadere nei prossimi giorni, complice anche il calo delle temperature.
E se alla carenza strutturale di personale, aggiungiamo gli infermieri e i medici che restano a casa colpiti a loro volta dall’influenza, la prospettiva non può certo essere confortante.
I nostri referenti territoriali ci descrivono le emergenze più gravi. Ecco il quadro delineato regione per regione.
Lombardia. Le situazioni peggiori si registrano nelle aziende sanitarie di Brescia e Varese. Non dimentichiamoci che siamo in una delle regioni con maggiore carenza di infermieri.
Piemonte. Oltre 200 accessi al giorno ai pronto soccorsi e una media di 500 pazienti in attesa di ricovero nei principali ospedali del capoluogo.
Campania. Da giorni è stata avviata l’unità di crisi negli ospedali napoletani e i ricoveri ordinari sono praticamente congelati, perché si cerca di sistemare i pazienti ricoverati in reparti come chirurgia o medicina generale. I pronto soccorsi del capoluogo sono però una polveriera e gli infermieri campani sono più che mai soldati in trincea.
Sicilia. Situazioni di estremo disagio si registrano in particolare nei pronto soccorsi delle grandi città capoluogo, Palermo su tutte.
Toscana. Emergenza tra le più gravi in assoluto. Letti ammassati nei corridoi degli ospedali a Firenze, Prato, Pistoia e non solo. Scenari decisamente poco piacevoli.
Calabria. Gli ospedali di Catanzaro e Cosenza fanno registrare accessi record nei pronto soccorsi.
Continua ancora il Presidente De Palma: «Inutile nascondersi. Il problema di fondo è anche e soprattutto legato a una sanità territoriale totalmente incapace di snellire gli accessi agli ospedali, gestendo ad esempio con gli ambulatori i casi meno gravi.
Eppure la Missione 6 del Pnrr lo aveva detto e lo dice ancora a chiare lettere. Si deve ripartire dagli infermieri di famiglia, e naturalmente dalle strutture di supporto agli ospedali.
Le riunioni tecniche che ci hanno visto impegnati al Ministero della Salute, avevano del resto evidenziato, sin dal primo momento, che mancano le nuove fondamenta per cementificare una costruzione, quella della nuova sanità, che di fronte ad nuova scossa tellurica come l’epidemia influenzale in corso, rischia ora di crollare.
Il quadro è allora davvero desolante. E non è retorica. Mancano prima di tutto i professionisti dell’assistenza, i dati parlano chiaro. Le nostre indagini, è triste dirlo, ma è la realtà, si dimostrano più che mai fondate.
L’Italia della sanità è questa, ovvero quella della carenza cronica di infermieri, 175mila mancano all’appello da nord a sud. L’Italia della sanità è quella che traballa oggi come un castello di sabbia di fronte al picco influenzale.
E’ quindi giunta l’ora che la politica si interroghi su come agire. E’ ora che ci si chieda fino in fondo se gli investimenti nella sanità previsti dalla nuova Manovra sono davvero sufficienti. Soprattutto se non si trova il modo, nel contempo, di arginare la voragine di professionisti, si rischia di non uscire mai da questo labirinto. A pagarne le spese, è evidente, sono i cittadini, alle prese una sanità che perde i pezzi e che non è in grado di supportare emergenze come questa, una sanità che non è un grado di tutelare fino in fondo la loro salute», conclude De Palma.