“I sommersi ed i salvati dal superbonus”: a cura del Dott. Ciro Troncone

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Cosa succede con la pubblicazione del nuovo decreto, detto “Salva Superbonus”, pubblicato il 29 dicembre scorso? Chi si salverà e chi verrà definitivamente sommerso dagli effetti del fallimento della misura Superbonus?

Non si salvano i proprietari di unifamiliari che speravano in una proroga last minute che gli desse la possibilità di sfruttare l’incentivo anche il prossimo anno. Non si salvano i condomini che avendo i lavori in parte avviati, speravano anch’essi in una proroga che gli desse la possibilità di sfruttare l’incentivo al 110% anche il prossimo anno senza dover subire il décalage al 70%.

Non si salvano le imprese edili, che sognavano ancora un aiuto in favore dello sblocco del mercato dei crediti edili incagliati oramai da mesi. Non si salvano i professionisti che da questo decreto, avranno ancor più adempimenti da buttar giù e perderanno un intervento prezioso quale il bonus barriere architettoniche.

Quindi, al di la del titolo ingannevole di decreto “Salva Bonus”, quelli che si salveranno, saranno veramente in pochi. Si salva chi aveva avviato effettivamente i lavori ed il cui tecnico aveva asseverato e fatto comunicare al commercialista almeno un primo SAL e che poi per svariati motivi si era fermato, senza arrivare alla fine dei lavori.

Questo soggetto rischiava quindi di dover restituire i soldi al fisco, in misura corrispondente al credito già generato e girato all’impresa per mezzo dello sconto in fattura o alla banca per mezzo della cessione del credito.

Si salva quindi perché non è più richiesto il miglioramento delle 2 classi energetiche dell’edificio (requisito previsto dal comma 3 dell’articolo 119 dl 34/2020), quindi sotto l’aspetto “fiscale” potrà chiudere il cantiere così com’è, comunicando il fine lavori e rinunciando alla riqualificazione energetica del proprio edificio.

NON SONO OGGETTO DI RECUPERO I SAL A CUI NON SEGUIRA’ UN FINE LAVORI

La nuova norma infatti recita che “non sono oggetto di recupero in caso di mancata ultimazione dell’intervento stesso, ancorché tale circostanza comporti il mancato soddisfacimento del requisito del miglioramento di due classi energetiche”

Rimane sommerso invece chi si trova con i lavori a metà, a prescindere dalle comunicazioni fatte all’Agenzia delle entrate, avendo con una casa sventrata, con il tetto smontato, senza gli infissi etc. etc. Rimane sommerso perché la norma non se ne occupa e le tante questioni come questa rimangono aperte.

Si fornisce invero la soluzione ad uno dei tanti problemi derivanti dal fallimento della misura Superbonus, ma non si affrontano tutti gli altri che a breve esploderanno in tutta la loro gravità.

Qualche malizioso sostiene che questo era il problema che più imbarazzava le banche che si erano comprate questi primi Sal e che adesso non chiudendosi il cantiere, rischiavano di trovarsi in mano un credito soggetto a revoca con tutti i fastidi che questa situazione avrebbe potuto comportare.

Non si è meso mano al problema dell’enorme massa di contenzioso insorgente, tra imprese e committenti che si trovano oggi a contestarsi vicendevolmente i rispettivi inadempienti contrattuali.

Le prime in buona parte non hanno rispettato le tempistiche previste contrattualmente adducendo a pretesto il difficile momento finanziario lasciando i cantieri a metà e adesso, sperano di far cassa mettendo in mora i condomini “invitandoli” a pagare il 30% o 40% derivante dal calo della detrazione al 70% prima di mettere mano ai lavori di competenza 2024.

Le famiglie d’altronde, al di la delle ristrettezze economiche del momento, guardano con diffidenza le imprese edili, dati gli enormi ritardi rispetto ai cronoprogrammi dei lavori edili che sono slittati dal 2021 al 2022, poi al 2023 e adesso, come se niente fosse, al 2024 con l’aggravio di una corposa richiesta economica.

Sui motivi poi che hanno portato le imprese edili ad essere inadempienti, abbiamo consumato l’inchiostro su queste stesse pagine web nei mesi scorsi, indagando sulle origini dei problemi, quindi eviterò di ritornare sull’argomento, però il dato di fatto resta questo:

Oramai nessuno si fida più di nessuno, stiamo arrivando al tutti contro tutti!

In mezzo a questi scenari di guerra poi troviamo gli amministratori di condominio e veramente dico che non vorrei essere nei loro panni nei prossimi mesi, anche se devo dire che qualcuno di loro se l’è andata veramente a cercare.

I professionisti poi hanno capito prima degli altri che quelle “parcelle da sogno “dell’era Superbonus resteranno nella maggior parte dei casi appunto solo dei “sogni”, non hanno più nessuna voglia di perdere tempo dietro tutto questo caos di adempimenti e di responsabilità spropositate per dei lavori che poi difficilmente verranno pagati, sono quindi sempre meno propensi a collaborare alla risoluzione dei problemi.

CORRESPONSIONE DI UN CONTRIBUTO

Per completezza diciamo anche che l’articolo 1 al comma 2 del nuovo decreto prevede la corresponsione di un contributo in favore dei soggetti tenuti al versamento di quel 30% che abbiamo visto sopra, non essere più coperti dallo sconto in fattura per le spese sostenute dal 1°gennaio 2024 al 31 ottobre 2024.

Quanti soldi destineranno a questo contributo non è dato saperlo, ma i precedenti che abbiamo visto, non sono un buon auspicio. Questo aiuto del comma 2 poteva si essere una cosa giusta, dato che si riservava a soggetti aventi un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro, però poi la furbizia di riservarlo solo a quei pochi che alla data del 31 dicembre 2023 avessero raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori superiore o uguale al 60 per cento, ci rigetta nello sconforto.

Ma quali e quanti cantieri hanno raggiunto un SAL al 60% già chiuso e asseverato al 31.12.23? Solo pochi fortunati hanno finito da tempo i cantieri, la gente comune e sfortunata è invece rimasta con i lavori fermi del tutto, altro che 60%.

Avrete sicuramente notato che dietro i tanti ponteggi istallati in Italia negli scorsi mesi, quasi sempre gli operai non ci sono più dato che l’azienda edile per cui lavoravano non aveva più modo di pagargli gli stipendi.

Questo contributo in favore dei soggetti tenuti al versamento di quel 30% riguarderà solo pochissimi di loro, e come sopra quindi, non salverà quasi nessuno.

STOP ALLO SCONTO IN FATTURA PER L’INTERVENTO DI ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE

All’ 3 del nuovo decreto poi si consuma la barbaria della sterilizzazione dell’intervento di “eliminazione delle barriere architettoniche”, ovvero si leva lo sconto in fattura da un intervento che definirei semplicemente di civiltà nei confronti di situazioni, anche se solo potenziali, di disabilità.

Da oggi chi lo vorrà, dovrà intervenire di tasca propria e poi, se guadagna bene ed avrà tasse da pagare, bene, sfrutterà la detrazione, altrimenti nulla.

Se avessero voluto anche qui colpire i soliti furbetti che con questo intervento si cambiavano le finestre (mettendo solo una maniglia leggermente più in basso), avrebbero potuto farlo con sole tre parole, senza bisogno di stroncare tutto e tutti.

Se il nostro governo elimina con così tanta indifferenza un intervento che avrebbe potuto rendere la vita meno dura a chi, costretto su di una sedia a rotelle combatte ogni giorno contro le tante barriere architettoniche, vuol dire che nessuno più merita salvezza e che siamo tutti dei sommersi.

Giova ricordare comunque che anche i precedenti governi hanno spesso fatto finta di non capire quanto poco ci sarebbe voluto per raddrizzare la situazione.

Sarebbe bastata qualche certezza in più ed un minimo di stabilità alla misura Superbonus per far ripartire automaticamente il mercato dell’acquisizione dei crediti e le banche avrebbero ricominciato a fare i loro affari comprandoli a buon prezzo.

Le banche poi, di sicuro rientrano tra i salvati, e come poteva essere diversamente, diciamo che loro di problemi non ne hanno mai avuti, anzi, spesso e volentieri li hanno creati, ma questa è acqua passata oramai.

Infine, chi non si salva è l’Italia e gli Italiani, che adesso si ritroveranno a dover spendere altri soldi per coprire questa pseudo sanatoria “fiscale” degli interventi monchi e la cosa peggiore è che non porteranno alcun beneficio né in termini di riduzione di emissione di CO2, né in termini di riduzione della spesa energetica per chi li aveva avviati, quindi, soldi completamente buttati.

In conclusione, la patata bollente passerà quindi, come spesso accade in Italia, ai tribunali che avranno così l’onere di sbrogliare il bandolo di questa matassa che sta diventando ogni giorno più grande e loro si che saranno sommersi del tutto da questa gigantesca mole di complicatissimo contenzioso.

La cosa assurda è che uno degli obiettivi più ambiziosi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e quindi del governo, sarebbe in teoria quello di disingolfare la gravissima situazione dei tribunali italiani provando a smaltire il carico di arretrato del contenzioso sia civile che tributario.

Questo decreto “Salva Superbonus” quindi alla fine non salverà quasi nessuno e soprattutto non salverà gli ultimi governi dalla responsabilità gigantesca di aver ingannato quegli italiani che hanno creduto nelle leggi dello stato e che hanno sentito, a differenza di chi li governa, il dovere etico nei confronti dell’ambiente, di provare a riqualificare energeticamente il proprio edificio.

Ciro Troncone – Dottore Commercialista

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