L’arte dolciaria italiana, nonostante l’aumento dei costi energetici e delle materie prime, conquista i mercati esteri spinta dalla voglia di qualità che la produzione tricolore garantisce. Il primato lo consegue la vicina Francia, dove gli acquisti di dolci nostrani sono cresciuti del 9% arrivando a rappresentare circa un settimo delle esportazioni totali, seguita a dalla Germania (+12%), mentre al terzo posto ci sono gli Stati Uniti nei quali le spedizioni restano sostanzialmente stabili (-2%). Ma gelati e dolci ammaliano pure dagli inglesi (+9%) ai cinesi (+6%) a testimonianza di un gradimento che non conosce confini.
Un risultato che riverbera favorevolmente sulla intera filiera poiché, ad esempio, nei circa 39mila punti vendita presso cui si vende gelato artigianale si stima un utilizzo di 220mila tonnellate di latte, 64mila di zuccheri, 21mila di frutta fresca e 29mila di altre materie prime; ovviamente, nella preparazione del vero gelato la qualità delle medesime è fondamentale.
Per la nota sigla degli agricoltori, si tratta di un successo su cui pesa però la concorrenza sleale di prodotti che riportano impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano al nostro Paese per alimenti taroccati che nulla hanno a che fare con il sistema produttivo nazionale. Un successo che spinge il record storico per l’intero export agroalimentare Made in Italy che nel 2023 raggiunge il valore massimo di sempre a 64 miliardi, con una crescita del 6% rispetto al precedente anno.
Secondo Ettore Prandini, presidente della Coldiretti: “Per sostenere il trend di crescita dell’enogastronomia nazionale serve ora agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra sud e nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo”.
di Tony Ardito
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