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La questione della sicurezza nazionale e il caso Navalny (di Giuseppe Fauceglia)

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Un libro interessante quello di Luca Picotti, “La legge del più forte”, edito Luiss, che affronta un tema oggi centrale della riflessione non solo giuridica, quella della geopolitica del diritto e della ri- valorizzazione della sicurezza nazionale. Il punto più interessante del libro resta il rapporto tra Stato e sicurezza in questa fase storica, che conosce, nei mercati, l’aggressività della Repubblica Federale Cinese e, nei rapporti tra gli Stati, l’espansionismo bellico della Federazione Russa.

La geopolitica della protezione finisce, così per riguardare non solo il capitalismo nazionale, ma pure l’integrità degli Stati sovrani, posto che la febbricitante democrazia occidentale è sempre di più esposta al rischio di regimi autocratici e illiberali. Non possiamo non ritenere che la morte in carcere dell’oppositore di Putin, Aleksej Navalny rappresenta il punto di non ritorno del regime, che ne denuncia l’estrema pericolosità anche per l’Occidente. Navalny, come tanti altri esponenti della dissidenza russa nel periodo di Stalin e dell’Unione Sovietica, era stato trasferito nella colonia penale n.6 della regione di Vladimir, a 60 km dal circolo polare artico. Il dissidente, che aveva denunciato i crimini e le ruberie di Putin e della sua cricca, dopo essere stato avvelenato, con l’agente nervino, in Germania nel 2020 dai servizi segreti russi, una volta guarito aveva fortemente voluto far ritorno in patria, pur nella consapevolezza di un serio pericolo di vita.

È evidente che mentre di fronte all’aggressione economica, gli Stati occidentali possono difendersi con le leggi ed avanzare posizioni nelle varie giurisdizioni (come è accaduto nella guerra dei semiconduttori tra Cina e USA), di fronte all’omicidio e alla guerra di invasione, l’unica risposta resti quella adeguata della forza proporzionata all’attacco.

Ritornando al punto di partenza di queste brevi riflessioni, ci si chiede cosa sia davvero strategico nel capitalismo italiano; la risposta, che mi pare inizi finalmente ad essere appropriata da parte di questo Governo, risiede nella tutela della produzione industriale nazionale (v. l’acciaio o il settore automobilistico) e dell’agricoltura (parlo di quella vera e non della “sintetica” da laboratorio), in uno all’attenzione da riservare agli investimenti esteri in settori strategici (come i porti, le telecomunicazioni, le industrie aero-spaziali). Un buon inizio che si spera non venga interrotto dal buonismo pan-capitalista e globalizzato, di una parte di quella sinistra, che non ha mai avuto nelle sue corde proprio la sicurezza nazionale.

Giuseppe Fauceglia

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