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La trappola di Tucidide e la pace perpetua – prima parte (di Cosimo Risi)

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La trappola di Tucidide è un concetto caro ai politologi americani di stampo conservatore, i neo-con dell’epoca del Presidente George W. Bush e del suo Vice Dick Cheney. Al loro pensiero s’ispira, alla lontana,  Donald Trump, il probabile candidato alla Presidenza.

Tucidide (460 – 395 a. c.) è lo storico greco che avrebbe predetto che per le potenze del nostro tempo sarebbe ineluttabile opporsi politicamente e militarmente. Il conflitto su larga scala fra Occidente ed Oriente sarebbe inevitabile. Allora tanto vale anticiparlo: prima che sia troppo tardi.

Il richiamo a Tucidide è giustificato dal meccanismo bidirezionale dell’analogia. Si applica  alla contingenza un fatto del passato e viceversa. Tucidide scrive delle Guerre del Peloponneso fra Atene e Sparta attorno al 431, per analogia quella situazione è riferibile al presente. E questo a prescindere dai mutamenti di tempo e di spazio. La trappola scatta inesorabile.

Tucidide dedica al conflitto intra-greco (431 – 404)  otto libri scritti in momenti diversi e più volte rimaneggiati. Egli cerca di risalire alle origini del conflitto per individuare la parte responsabile dell’inizio delle ostilità. Nel mondo classico, la causa coincide con la responsabilità, i due concetti si esprimono infatti con la stessa parola: aitìa. Tucidide cerca il responsabile (aitios) del conflitto e sorprendentemente indica ambedue i belligeranti.

Atene e Sparta sono corresponsabili. Il che confligge con la nostra visione positiva di Atene e negativa di Sparta. La prima è la patria della democrazia, si rammenti il discorso di Pericle agli Ateniesi che lo stesso Tucidide riporta. La seconda è comunemente ritenuta bellicosa, con una sorta di eugenetica dei suoi figli.

La causa profonda “il motivo più vero, ma meno dichiarato apertamente, penso che fosse il crescere della potenza ateniese e il suo incutere timore ai Lacedemoni [gli Spartani] sì da provocare la guerra”. Atene si arma, Sparta si arma a sua volta ad evitare che la crescita militare di Atene la minacci. Sparta è perciò indotta a reagire al riarmo ateniese con un’azione che l’anticipi. Prima che sia troppo tardi: prima che la militarizzazione di Atene sia tale da sconfiggere Sparta senza che questa possa adeguatamente reagire.

Il riarmo costringe le due potenze a farsi guerra, prima che la guerra scoppi troppo tardi per essere vinta. Cade la distinzione tra potenza valutata come una positiva e una negativa, ambedue concorrono al crescere della tensione fino alla deflagrazione.

Tucidide è critico nei confronti di Atene e del luogo comune che la vuole pacifica al cospetto di Sparta. Non esita a definirla una tirannide sul piano militare. Anche se nella nostra comune accezione di Occidente democratico imputiamo ad Atene la nascita del modello democratico. Qui adoperiamo l’analogia all’incontrario: riportiamo un fatto moderno al passato remoto, per dare dignità storica al nostro patrimonio di valori.

Ed infatti, nel reagire all’aggressione russa, opponiamo il valore della democrazia, nostra e dell’Ucraina aggredita, all’autocrazia russa. Specularmente la  Russia si erge a paladina dei valori autentici della Cristianità avverso la decadenza dell’Occidente, scristianizzato e in preda alla smania di ridisegnare i rapporti fra i popoli ed i sessi. E’ probabile che la decisione della Francia di costituzionalizzare il diritto all’aborto sia vista con sgomento non solo dalla Chiesa cattolica ma anche dalla Chiesa ortodossa.

Il dato concreto è che Atene e Sparta, malgrado l’ipotetico conflitto fra democrazia e autocrazia, sono potenze in precario equilibrio e che le tensioni sono cresciute dopo gli eventi di Corcira (Corfù) e Potidea (Pallene). La pacifica convivenza nel ristretto spazio della Grecia e nel comune affaccio sul Mar Egeo è impossibile da mantenere.

La guerra del Peloponneso di Tucidide “ha dato vita a quell’idea ancora attuale del necessario scontro tra superpotenze spinte da desideri espansionistici [senza] tenere presente che le condizioni si sono modificate, con l’estensione del sistema di riferimento a tutto il mondo, rendendo quindi possibili scenari alternativi” (A. Ronsisvalle, La trappola di Tucidide, Non-paper Luiss, Roma, 2024).

L’Unione europea, con il riarmo degli stati membri (Germania in primis) e con l’ipotesi di  ripristinare la leva obbligatoria, sta cadendo nella trappola? Si riarma prima che l’aggressività di Mosca  si spinga oltre i confini delle regioni russofone?   Al contrario: il perseguire la pace sempre e comunque ci consegna imbelli al nemico?

di Cosimo Risi

 

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