Premette di non essere “un politico al quale si può sottrarre la fiducia”, ma poi è pronto a “trarne delle conclusioni” se dovesse venire meno. Come se si aspettasse un’investitura plebiscitaria dal popolo tifoso, manco fosse chiamato a pronunciarsi in una specie di referendum sul gradimento sulla sua persona. “Se il calore della piazza è ancora genuino, avrò linfa vitale”. Diversamente “non farò un progetto senza l’amore della tifoseria”. Tutto e il contrario di tutto“.
E’ questo uno dei passaggi più interessanti contenuti nell’articolo di commento, firmato dal giornalista e opinionista sportivo Enrico Scapaticci e pubblicato sul sito web salerno.corriere.it – alle dichiarazioni rilasciate da Danilo Iervolino nella lunga intervista dell’edizione di ieri del “Corriere dello Sport“.
“Insomma, prima sembra tendere la mano all’ambiente, poi pare ritrarla. Com’è accaduto – scrive ancora Scapaticci – nel corso di questa stagione delle contraddizioni e delle umiliazioni, blandendo (a parole) quella parte più accondiscendente e intimidendo (con le carte bollate) quella più critica.
Un atteggiamento ambiguo, equivoco, dilatorio. Chissà, forse, speculando sui marginali deliri social di chi vorrebbe spossessarlo della società, si sta precostituendo un alibi per la exit strategy: “Tutte le aziende sono trasferibili”.
Ma, nel mentre, rivendica – legittimamente – il suo ruolo di “proprietario”, perché la Salernitana “è dei tifosi con il cuore” ma resta “una società privata”, nella quale ha già messo “settantacinque milioni di soldi miei”. Omette, però, di conteggiare quanti gliene sono rientrati da abbonamenti, incassi ai botteghini, sponsor, diritti tv e altre poste attive di bilancio“.
E conclude: “Ma Iervolino ha ancora la possibilità di non uscire di scena da sconfitto, da perdente, da “fuggiasco”, dopo quest’annata (finora) indegna. In fondo lui stesso ha indicato la strada: “Prepararsi eventualmente ad affrontare la serie B. Nel caso ci rimboccheremo le maniche per ripartire e risalire velocemente”. E, allora: va avanti? Sì, no, forse….“.