Stanno in lista di attesa altri paesi ex sovietici e vicini della Russia, l’erede a tutti gli effetti dell’URSS, anche per le posizioni debitorie, come usa nel diritto di successione. Fino ai Novanta del XX secolo l’avversario da sorvegliare era Mosca, nei Duemila del XXI Mosca rimane l’avversario. Una sorta di nemesi storica grava sulla capitale di Russia, incapace di emanciparsi dall’ambiguità di città europea con tendenze panslave e surrettiziamente imperiali. Prevale il retaggio storico degli imperi, zarista e sovietico, rispetto alla modernizzazione avviata e mai conclusa da Mikhail Gorbacev.
La NATO dunque a presidio dell’Occidente. Un presidio sempre più avanzato verso Oriente, malgrado le promesse, non l’accordo formale, che avrebbero dovuto bloccarla ai confini 1991. Sull’auto-contenimento dell’Alleanza sono stati versati i classici fiumi d’inchiostro. La mancanza di fair-play, l’avere cioè disatteso alla promessa, è stata una delle motivazioni sollevate dal Presidente russo per intraprendere la campagna di Ucraina e minacciare dappresso le altre repubbliche post-sovietiche nel loro bisogno di sicurezza fuori dall’area slava.
Immaginata per la sicurezza continentale, di un’Europa uscita debilitata dalla guerra, sia i vincitori che i vinti versavano in cattive acque, la NATO si è spinta oltre, le azioni out of area si sono moltiplicate. Esemplare, anche per i profili negativi, quella in Afghanistan.
Ora, secondo il Cremlino, la NATO ha una posizione aggressiva nei confronti della Russia, talché le due parti sono di fatto in guerra. Non è più l’epoca delle dichiarazioni formali di guerra, mediante lo scambio di note fra gli Ambasciatori, ma certo il clima che si respira fra Bruxelles e Mosca è velenoso.
La NATO nel suo insieme sostiene la resistenza ucraina, alcuni suoi membri evocano la possibilità di inviare proprie truppe sul terreno, altri membri la escludono tassativamente. Quanto di tattica vi sia nelle varie posizioni è difficile capire, almeno finora la NATO ha escluso un impegno diretto sul fronte orientale. Questo scatterebbe solo nell’ipotesi di un’esondazione russa verso uno o più membri NATO. Nel mirino sono i Baltici e la Polonia, i membri NATO e UE più severamente anti-russi in seno ad ambedue le organizzazioni.
A guardare oltre si nota che l’Occidente come idea è messo sotto accusa, in generale sul piano politico e in certi casi sul piano militare. Se si considera Occidente lo Stato d’Israele, la minaccia supera la dimensione politica e sconfina nelle azioni di paesi dichiaratamente ostili alla sua stessa esistenza.
L’Iran minaccia rappresaglie per l’ennesimo attacco israeliano, stavolta a danno di un ufficio consolare iraniano a Damasco, rappresaglie di cui Teheran si guarda bene dall’annunciare la portata e la tempistica. Persino a Tel Aviv, la città che si sente sempre al riparo rispetto alla prima linea, scatta l’allarme di massa, i cellulari ed i navigatori distorti. Si confonde l’intelligence informatica del nemico e, insieme, si confonde la vita dei cittadini. Accaparramenti di cibo e carburante sono le scene di una città adusa invece al buon vivere.
La NATO si muove nella scia del socio di maggioranza. Laddove si profila un interesse americano, la NATO ha un occhio di riguardo. Che sia l’Indo-Pacifico o il Medio Oriente, la NATO nel suo insieme e specie i suoi membri dell’anglosfera (Canada, Regno Unito) si muovono all’unisono con Washington. L’anglosfera abbraccia anche Australia e Nuova Zelanda, da qualche tempo parti di AUKUS e QUAD, posture difensive e securitarie nei confronti della Cina.
Nei suoi 75 anni la NATO è cresciuta di dimensione e di influenza. Può contare propaggini extra Alleanza, tutti insieme a tutelare quel che resta dell’Occidente da un mondo che viaggia verso il multipolarismo. Cosa sia in concreto il multipolarismo, è da vedere. Speriamo in una nuova accezione della cooperazione globale e non in una nuova occasione della conflittualità globale.
di Cosimo Risi