Nel primo studio, il team di ricerca ha analizzato i campioni di sangue di oltre 44mila persone, contenuti nella UK Biobank, di cui 4900 hanno poi sviluppato un tumore. Per ogni campione di sangue sono state analizzate quasi 1.500 proteine. Confrontando le proteine presenti nel sangue di chi nel tempo ha sviluppato una malattia oncologica, rispetto a chi invece non si è ammalato, i ricercatori hanno individuato diverse proteine che possono rappresentare un campanello di allarme. Fra queste, 182 risultavano diverse già tre anni prima della diagnosi di tumore. “I dati di migliaia di pazienti ci hanno rivelato dei dettagli importanti su come le proteine presenti nel sangue influenzano il rischio di cancro. Ora dobbiamo studiare queste proteine con attenzione per capire se possano essere realmente usate per la prevenzione”, ha commentato una delle autrici dello studio, Keren Papier, epidemiologa presso l’Oxford Population Health.
Nel secondo studio, invece, sono state valutate le informazioni genetiche derivanti da oltre 300mila casi di tumore, allo scopo di capire non solo quali proteine potessero essere coinvolte nello sviluppo della malattia, ma anche quali potessero diventare bersaglio di nuovi trattamenti. Il team di ricerca è così riuscito a individuare 40 proteine che in qualche modo influenzano il rischio di sviluppare nove tipi di tumore. Gli scienziati hanno anche scoperto che alterandole sarebbe possibile aumentare o diminuire il rischio di tumore. Azione che potrebbe però portare anche a effetti collaterali indesiderati. “Il nostro scopo è arrivare ad avere dei farmaci che possono essere somministrati a persone sane a maggiore rischio di cancro per limitare il pericolo che lo sviluppino, ma prima di procedere con sperimentazioni sulle persone servono ancora approfonditi studi e verifiche. Siamo lontani, ma facciamo progressi su una strada che una volta era impensabile”, ha sottolineato l’epidemiologo Karl Smith-Byrne, autore senior del primo studio.
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