La donna, sottoposta a fermo in carcere per omicidio volontario, è stata interrogata ieri pomeriggio – dal giudice di Grosseto, Sergio Compagnucci. La donna ha raccontato quello che è accaduto in quella nave, dove lei lavora come aiutante in cucina.
“E’ emerso – ha riferito l’avvocato difensore Giovanni Di Meglio – che la ragazza pensava di essere più indietro nella gravidanza e di gestire la situazione. Ma, dopo essere partita da Salerno ha partorito. Si è trovata di fronte ad una situazione molto difficile. E ha fatto quello che una persona come lei poteva fare ovvero il miglior modo possibile“.
Secondo l’avvocato questo non “è bastato” ed “esclude del tutto” la possibilità di omicidio volontario, per lei e le altre due colleghe. “Si è presa cura del bambino fin dall’inizio, lo allattava e lo idratava. Lo puliva quando c’era bisogno – aggiunge l’avvocato – Ha usato degli assorbenti da donna perché altri non ne aveva. E poi non si dà il nome ad un bimbo che si vuole ammazzare“.
Sempre nella ricostruzione, la 28enne avrebbe “gettato durante la notte la placenta nell’inceneritore della nave. Se avesse voluto disfarsi di quel fagotto, non se sarebbe accorto nessuno durante la navigazione, approfittando anche del buio. Perché, appunto, non era nella sua volontà“.
La morte del neonato secondo Di Meglio è avvenuta per un “comportamento negligente, certamente non per il dolo. Ha tenuto nascosta la gravidanza perché altrimenti sarebbe stata licenziata. Il suo stipendio gli permetteva di far vivere la sua famiglia nelle Filippine, sono sei persone”.
Per la morte del bambino in tribunale per la convalida c’erano anche, con l’accusa di omicidio volontario, due colleghe, Mutundu Dorcas Njuguini, originaria del Kenya di 28 anni, e Mphela Kgothadso Mabel Jasmine, del Sud Africa di 25, le quali avrebbero concorso nel causare la morte del neonato. Assistite dai due legali, Mario e Luca Fabbrucci, si sono avvalse della facoltà di non rispondere.
Il giudice Compagnucci deciderà domani su convalida e misura. L’udienza si è tenuta al tribunale di Grosseto dove le tre donne sono state portate dal carcere di Sollicciano.