Allora funzionava il duopolio russo-americano, le due superpotenze condividevano l’obiettivo di non superare le rispettive linee rosse. Oltre sarebbe scoppiata la guerra nucleare che nessuna voleva e neppure ipotizzava a scopi propagandistici. Oggi, al contrario, Dmitrij Medvedev rammenta che il parlare di armi nucleari non è solo propaganda.
Un’altra linea rossa è stata tracciata da Joe Biden nei confronti di Israele. Rafah non si tocca, troppi civili ammassati nell’ultimo ridotto di Gaza, l’assalto finale a Hamas comporterebbe una nuova strage degli innocenti. Un prezzo troppo alto per un’Amministrazione democratica che si erge a paladina dei diritti umani. Per non parlare delle ripercussioni che avrebbe sull’elettorato americano alla vigilia delle presidenziali. Il dossier Israele è motivo di dibattito politico interno.
Le IDF sono entrate a Rafah, controllano la porta d’Egitto d’intesa con l’esercito egiziano. Scoprono gallerie note agli Egiziani, questi “per disattenzione” non le avevano bloccate, ne rivelano di nuove. Le gallerie avrebbero fornito armi a Hamas anche dopo l’ottobre 2023. Un arsenale di fortuna ancora funzionante in piena crisi.
La buona notizia è che l’Egitto continua ad essere, con il Qatar, il mediatore per il rilascio degli ostaggi. La cattiva notizia è che due soldati egiziani sono stati uccisi in scontri a fuoco con i colleghi israeliani. È un tragico errore, dichiara il portavoce IDF. Errore da parte di chi? Già in passato un soldato egiziano aveva sparato, per essere colpito a sua volta, contro un israeliano.
La linea rossa di Rafah è varcata da Israele, l’appoggio incondizionato degli Stati Uniti non è scalfito. Al Consiglio di Sicurezza la delegazione americana blocca la proposta di risoluzione dell’Algeria per l’immediato cessate il fuoco. Joe Biden intima alle parti di smetterla. Le parti gli daranno ascolto?
In Ucraina un’altra linea rossa è caduta. Sul fronte europeo le parti interessate sono numerose e ciascuna ha una diversa visione. Il Segretario Generale NATO, sempre più portavoce delle istanze belliciste, auspica che le armi occidentali fornite all’Ucraina siano utilizzate sul suolo russo. In chiave di difesa avanzata: per colpire le postazioni russe da cui partono gli attacchi devastanti sulle città ucraine di confine.
Gli Stati Uniti autorizzano l’uso delle loro armi fuori area. Altri stati membri seguono l’esempio. Resiste l’Ungheria di Orbàn, tradizionalmente schierata fra i dialoganti con Mosca. È scossa dai dubbi l’Italia. La Presidente del Consiglio propende per rafforzare la contraerea ucraina in Ucraina, lascia trapelare l’intenzione di desecretare quantità e qualità delle armi italiane fornite a Kiev. Per venire incontro alla voglia di sapere dei suoi alleati di governo. Un candidato cattolico al Parlamento europeo invoca lo scioglimento della NATO. L’estremo anelito pacifista calmerebbe la voglia d’impero del Cremlino?
Il timore presso alcune cancellerie è che superare la linea rossa delle armi indurrebbe Mosca a superare la linea rossa dell’impiego delle bombe nucleari tattiche. Solo per una esercitazione dimostrativa nell’immenso retroterra russo? O sul campo di battaglia se non al confine con un paese baltico? I Baltici sono membri NATO, colpirli significa chiamare l’intervento dell’Alleanza nel suo insieme.
Il superare le linee rosse, in spregio della coerenza originaria, rischia di precipitarci nel campo rosso della battaglia frontale con il nemico che non avremmo voluto dichiarare tale.
di Cosimo Risi