Nuovo capitolo della protesta degli agricoltori Coldiretti della Campania che mantengono alta l’attenzione sul falso made in Italy.
Ancora una volta un prodotto che arriva dalla lontana Cina finisce sugli scaffali con la bandiera tricolore solo perché la legge consente di considerare “italiano” un prodotto anche se solo l’ultima parte della lavorazione avviene in un’azienda locale.
Gennarino Masiello vicepresidente nazionale di Coldiretti dichiara: “Subiamo un furto di valore e un furto di identità visto che il pomodoro viene importato dalla Cina e fra l’altro non ha le stesse caratteristiche e gli stessi standard di sicurezza italiani oltre che delle corrette politiche di lavoro ed agricole. Siamo qui per denunciare queste cose, le nostre imprese non possono vivere questa concorrenza sleale. Noi vogliamo che queste imprese che trasformano il pomodoro cinese stipulino con noi dei contratti di filiera che prevedono prevedibilità e sostenibilità economica che vada al di sopra dei costi di produzione, altrimenti le nostre imprese muoiono”.
Quaranta motociclette hanno “accompagnato”, in segno di protesta, i fusti ad un’azienda di Sarno che si occuperà dell’ultima fase della lavorazione, compresa quella di apporre l’etichetta con il tricolore.
Presenti alla mattinata di protesta, il vice presidente nazionale Gennarino Masiello, il presidente regionale Ettore Bellelli, il direttore regionale Salvatore Loffreda e i direttori delle altre province: Vincenzo Tropiano, Giuseppe Miselli, Gerardo Dell’Orto e Maria Tortoriello ed Annamaria Cascone, responsabile Donne Coldiretti Campania.
Una “filiera” inaccettabile per il presidente di Coldiretti Campania Ettore Bellelli: “I containers oggi arrivano a Sarno e il pomodoro concentrato cinese con una semplice lavorazione diventa italiano. Una cosa che non possiamo accettare, siamo qui perché cambino le regole sul codice doganale. In etichetta si deve prevedere l’origine della materia prima a salvaguardia del made in Italy”.
Per il direttore di Coldiretti Salerno Vincenzo Tropiano si tratta di: “Un doppio danno: di valore e di immagine, Ma anche un inganno per quei consumatori stranieri che li vedono arrivare sulla loro tavola e li identificano come italiani. Del resto lo stesso capita al nostro pomodoro San Marzano che nasce in pochi ettari e che, a causa dei falsi, viene trovato praticamente in tutto il mondo”.
Una protesta che non si deve fermare a questa consegna, per ribadire lo “stop” al falso cibo italiano e per rilanciare ancora una volta la richiesta della revisione del criterio dell’ultima trasformazione del Codice doganale sull’origine dei cibi, quello che oggi consente il furto d’identità dei prodotti Made in Italy.