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Allo sbaraglio (di Cosimo Risi)

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I sondaggi vanno presi con cautela, danno comunque un’idea circa gli orientamenti della popolazione. Si prenda quello dell’ISPI sulle attese degli Italiani circa il nuovo quinquennio europeo.

Siamo alla vigilia del voto parlamentare sulla candidatura di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione, le attese degli intervistati si concentrano su tre punti: ridurre il costo della vita, avere l’energia a tariffe contenute, tutelare l’ambiente. Le tre risposte sono apparentemente contraddittorie fra loro.

L’energia a prezzi contenuti contribuisce a ridurre il costo della vita, il tasso d’inflazione degli ultimi tempi preoccupa i consumatori, anche se la BCE lo vede in ribasso. Ma la decarbonizzazione, la priorità del Green Deal della precedente Commissione von der Leyen, comporta una crescita della bolletta energetica dovendo cercare energie alternative a quelle in uso.

Il dato va letto in corrispondenza con l’attesa degli intervistati nei confronti della probabile Amministrazione Trump e delle priorità dell’azione esterna europea. Fra le priorità, infatti, è la ripresa di un rapporto con la Russia meno conflittuale dell’attuale. Il diverso approccio avrebbe due conseguenze: riprendere le forniture calmierate di energia dalla Russia, riaprire un mercato profittevole.

Il ritorno di Trump alla Casa Bianca avrebbe un effetto negativo sull’Ucraina, egli non fa mistero che vorrebbe spingere Zelenskyy al negoziato tagliandogli gli aiuti. Avrebbe però il duplice effetto positivo di riaprire la pista russa e di compattare la politica europea attorno all’autonomia strategica.

Una iniezione di sovranismo a Washington non comporterebbe il ritorno alle piccole patrie europee, il mito così caro a certa destra sovranista, ma indurrebbe le piccole patrie a scoprire, o riscoprire nel segno di Robert Schuman, la grande patria europea. Un passaggio difficile quanto epocale.

La spesa per la sicurezza dovrebbe aumentare fino al famoso 2% del PIL e oltre. Andrebbero contenute le spese per il welfare. Si sconterebbero le riserve dei pacifisti. L’Unione farebbe il balzo verso il federalismo che molti attendono e pochi paventano.

Si diffonde vieppiù l’opinione che la via della Casa Bianca è spalancata davanti a Donald Trump. L’attentato lo avvolge con quell’aura del martirio che ne oscura i vizi: anzitutto la scarsa dimestichezza con gli istituti della democrazia.

Al contrario, le quotazioni del Presidente Biden scemano ad ogni apparizione pubblica. Gli svarioni sono sempre possibili, specie quando stai sotto l’occhio delle telecamere di tutto il mondo, le sue incertezze denotano qualcosa di più della distrazione da stanchezza. Denotano una scarsa tenuta mentale, peraltro comprensibile in un ottuagenario. Solo che questo ottuagenario pretende di guidare il mondo libero. L’inquietudine del mondo libero è perciò alta, al pari dell’attenzione verso le voci amiche che gli consigliano il ritiro.

Se possiamo ritenere amene le prese di posizione di George Clooney e Taylor Swift, in America i divi hanno un loro peso anche nelle vicende politiche, vanno ponderate quelle di Barack Obama. Fantasiosa è l’ipotesi di una candidatura di Michelle Obama, meno fantasiose sono quelle della Vice Kamala Harris e di alcuni Governatori e Governatrici del Partito Democratico.

Del declino di Biden si avvede subito l’amico israeliano. Al Primo Ministro Netanyahu, fra i più coerenti critici del Presidente americano, si imputa la decisione politica di dare la caccia a Mohammed Deif a qualsiasi costo. Mohammed Deif è il capo delle Brigate Ezzedin al-Qassam di Hamas, il numero due dell’organizzazione, l’ideatore dell’assalto di ottobre. Con Yahia Sinwar è il ricercato per eccellenza nella lista di Israele.

Per neutralizzarlo un bombardamento sul campo di Khan Yunis provoca una novantina di vittime. Un effetto collaterale che, in altri tempi, avrebbe provocato la rampogna del Presidente americano e che ora il Governo di Gerusalemme può ritenere silenziosa.

di Cosimo Risi

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