Il Presidente della Regione Campania deve ritornare a lavorare nell’interesse delle popolazioni, senza pretendere di tenere viva una polemica contro tutto e contro tutti, nella convinzione che ciò produca consenso al suo populismo.
Non può sfuggire che il primo passo di “pacificazione” è stato fatto dal Presidente del Consiglio durante la sigla degli accordi per Bagnoli con il Sindaco di Napoli, ma alla stretta di mano il Presidente della Regione ha risposto con “sono il civile De Luca”, affermazione alla quale sagacemente Meloni avrebbe potuto rispondere “si, civile, ma non troppo”.
Non mi pare essere assistita da un elevato grado di “civiltà” (almeno nel senso latino più nobile ovvero di consustanziale afferenza alla civitas) l’ostinata avversione al rendiconto delle spese, che è stata assunta dal Presidente De Luca come la linea del Piave nell’opposizione al Governo.
I danni maggiori sono stati arrecati a quelle associazioni culturali o a quelle iniziative sociali che hanno visto vanificati gli sforzi di continuità in ragione dei mancati finanziamenti regionali (un esempio è dato a Salerno dal Premio Charlot), ed ancora ai tanti comuni che hanno opere pubbliche importanti sospese a causa della carenza dei fondi. Non mi pare essere neppure tanto “civile” il fatto che la Campania non abbia saputo utilizzare i fondi di sviluppo e coesione.
Nel periodo 2014-2020 a fronte dei 3.157 milioni di euro assegnati alla Regione, ne risultano impiegati solo 1.669 milioni ovvero il 52%; per non parlare dei fondi 2021-2027 pari a 582 milioni di euro, ad oggi impiegati solo per il 24%. Eppure è un arco temporale in cui al vertice della Regione si è trovato proprio De Luca, invero impegnato più nel cabaret televisivo contro tutti – ma proprio tutti – i governi nazionali, piuttosto che a migliorare le capacità di spesa e di programmazione dell’ente.
In realtà, De Luca appartiene a quel genere di politici che preferiscono “scassare” (è l’efficace espressione che utilizza Antonio Polito) piuttosto che “costruire”, cercando di venire incontro alla volubilità popolare, di cui si fa di volta in volta interprete, anche a costo di palesi ed evidenti contraddizioni, che il pubblico, pagante e non, fa finta di dimenticare, nella piena incoscienza del tempo presente. In tal modo, la sua pur acuta intelligenza finisce per svanire in quella del Papeete, e questo non mi pare essere, nella logica delle istituzioni, un risultato troppo “civile”.
Del resto, il Governo, per bocca del Ministro Fitto, ha dichiarato di essere al lavoro per rendere immediatamente disponibili le risorse del Fondo sviluppo e coesione in favore dei territori e dei comuni campani.
L’accordo raggiunto tra il Governo e il Comune di Napoli, rappresentato proprio da Manfredi, che resta il vero concorrente per il terzo mandato cui aspira De Luca, dovrebbe essere un segnale per far comprendere la progressiva marginalità della Regione nella gestione diretta dei fondi (che, si ricorda, potrebbero, al più, essere qualificati come “fondi di destinazione” e non “fondi di attribuzione”, rientranti cioè nella immediata disponibilità dell’ente regionale, che può utilizzarli in ragione delle proprie competenze di spesa). In realtà l’impiego delle risorse finanziarie per Bagnoli e per Pozzuoli sono di competenza nazionali, sì che la responsabilità della programmazione e della assegnazione restano di esclusiva competenza del Governo.
A fronte del risultato deludente offerto dalla Regione, resta logica conseguenza – soprattutto in presenza di risorse assegnate a progetti di cosiddetto pronto avvio (il 31.12.2024 è la data ultimo per l’impiego delle risorse) – che il Governo assuma direttamente gli obblighi di distribuzione e di selezione dei progetti più rilevanti.
Il problema vero, che il “Governatore”, come Pantalone nelle commedie del Goldoni, finge di non aver compreso, non è da dove provengano le risorse, ma come verranno usate: ma su questo, come al solito, si registra il più assordante silenzio.
Giuseppe Fauceglia