Perchè è necessario il decreto sulle carceri (di Giuseppe Fauceglia)

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L’art. 27 della Costituzione italiana, che detta principi fondamentali – come quello della personalità della responsabilità penale o della non colpevolezza sino alla condanna definitiva – al comma 3° recita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

Si tratta di un principio di civiltà che si ritrova anche nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (art. 3 della Convenzione di Strasburgo, che vieta trattamenti “crudeli e disumani”), come più volte affermato nelle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Nei lavori della Commissione Costituente si registrò un’ampia convergenza sui “limiti” negativi della pena ovvero sul divieto di infliggere trattamenti contrari al senso di umanità, mentre l’altro tema ovvero quello della “funzione” della pena, forse per evitare di prendere posizioni nette in ordine al dibattito che aveva già interessato il diritto penale, venne trattato marginalmente.

Si deve alla cultura cattolica di Umberto Tupini, eletto nelle file della Democrazia Cristiana, il riconoscimento della funzione rieducativa della pena, perché – come dallo stesso ripetuto nella seduta finale della Commissione – “non si può negare ogni sforzo che, dopo la condanna definitiva, possa offrire al condannato una concreta possibilità di rieducazione”.

Questa finalità della pena, che non esclude la funzione riparatoria (la giustizia c.d. riparativa è stata affermata dalla recente L. 27 settembre 2021, n. 134) o meramente sanzionatoria, risulta essere stata più volte riconosciuta anche dalla Corte Costituzionale, dapprima affermando “l’obbligo del legislatore deve tenere costantemente di mira, nel settore penale, la finalità rieducativa della pena” (Corte Costituzionale n. 313/1990), e dappoi, in modo più netto e prevalente, ribadendo il medesimo principio nella sentenza n. 40/2019.

Possiamo credere che l’attuale sistema carcerario risponda ai principi che vietano di infliggere al condannato trattamenti contrari al senso di umanità e che agevolano la funzione rieducativa della pena? La risposta è assolutamente negativa, considerate le condizioni di sovraffollamento delle carceri, l’alto numero di suicidi e le proteste sia del personale penitenziario che dei detenuti.

Del resto, il dibattito sulla riforma penitenziaria e sul fallimento del sistema carcerario non è recente, trovando, per altro, già una completa elaborazione teorica nel pensiero giuridico di Aldo Moro, “Lezioni di istituzioni di diritto e procedura penale”, edito da Cacucci, Bari, 2005. Proprio per queste ragioni, riaffermate di recente anche dal Presidente della Repubblica, il dibattito parlamentare sulla proposta di legge dell’on. Roberto Giachetti sulla c.d. liberazione anticipata non può trasformarsi in una confusa adesione alla “pancia” dell’opinione pubblica (pur restando evidenti le esigenze di “sicurezza sociale”), di cui si fanno interpreti, per puri motivi elettorali, anche alcuni partiti della attuale maggioranza di governo.

Il tema del sovraffollamento delle carceri resta connaturato da elevati contenuti tecnici, a fronte del quale non possono solo prospettarsi interventi futuri sull’edilizia carceraria, posto che esso va risolto oggi e subito. Voglio ricordare solo alcuni dati: attualmente le carceri italiane ospitano 61.547 detenuti, distribuiti in 185 istituti di pena; la capienza regolamentare di detti istituti è di circa 51.000 posti, che si riducono a 47.000 a causa di strutture carcerarie inagibili. Come si può notare si tratta di una situazione non più sostenibile, che viola proprio i principi dell’art. 27 della Costituzione, innanzi ricordati.

Per questo deve accogliersi con interesse l’iniziativa assunta da Forza Italia e dal Partito Radicale in Commissione Giustizia del Senato sul c.d. decreto carceri, che prevede l’alleggerimento della popolazione carceraria con riferimento a detenuti anziani e tossicodipendenti, nonché un ampliamento del regime di semilibertà, per consentire ai detenuti di esercitare attività lavorative in una fase temporale avanzata nello sconto della pena. E’ questo il segno di una coerente maturità politica, che si muove nella pratica soluzione dei problemi e non offre il fianco a posizioni che, invece, si caratterizzano per mere opzioni propagandistiche.

Con questa riflessione prendo temporaneo congedo dai lettori in ragione della pausa agostana, augurando a tutti un sereno riposo feriale.

Giuseppe Fauceglia    

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