Emergono testimonianze, messaggi telefonici acquisiti e intercettazioni che suggeriscono come Marotta Fedele abbia simulato un presunto rapimento per far credere di essere in pericolo, richiedendo alla sorella di allertare le Forze dell’Ordine. Successivamente, gli indagati avrebbero simulato le tracce del sequestro, lasciando l’auto di Marotta abbandonata in aperta campagna con i fari accesi e i cellulari nell’abitacolo. Avrebbero poi fingendo per otto giorni lo stato di prigionia di Marotta in un luogo segreto, al fine di costringere la donna a versare un riscatto di 500.000 euro per la sua liberazione senza però riuscire ad ottenere il profitto a causa delle resistenze dei familiari.
I Carabinieri coordinati dalla DDA potentina sono riusciti a raccogliere gravi indizi a carico dei predetti indagati, che hanno agito in concorso per simulare un rapimento, ottenere un profitto ingiusto danneggiando i familiari di Marotta Fedele. Il Giudice ha evidenziato la presunzione di non colpevolezza fino alla condanna definitiva, ma ha ritenuto la sussistenza di gravi indizi a carico degli indagati. L’attività investigativa ha seguito intercettazioni, perquisizioni, escussioni di persone informate e esami di tabulati e smartphone che hanno corroborato i sospetti nei confronti dei soggetti coinvolti nell’estorsione aggravata, simulazione di reato e calunnia.
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